LA NOTA – David Sorani: Porte sante e crudeltà
Papa Francesco appare oggi un eroe, un mito, anzi un santo vivente citato da tutti – nessuno escluso – come l’esempio pressoché unico di totale virtù morale e politica, l’unico dotato del carisma e del coraggio necessari per denunciare senza timidezze e tentennamenti i mali del mondo, i soprusi che infestano la nostra società degradata. Questa immagine, che nessuno mette mai in discussione, può sembrare veritiera se ci riferiamo a tante battaglie etiche e sociali combattute senza esitazioni, attraverso discorsi irrituali e scomode dichiarazioni: pensiamo alla recente apertura delle seconde “porte sante” al carcere di Rebibbia, tesa a coinvolgere l’attenzione universale sulla drammatica situazione in cui vivono tanti carcerati e sui malfunzionamenti della giustizia in Italia. Si mostra invece del tutto falsa e ingannevole quando si riferisce a prese di posizione calunniose e piene di un inquietante accanimento mediatico, come avvenuto per ben due volte nei giorni scorsi rispetto alla situazione di Gaza. «Uccidono i bambini!», ha affermato Bergoglio. «Questa non è guerra. Questa è crudeltà». Guarda caso, a essere additato come colpevole, a essere insindacabilmente giudicato “crudele” dal papa è Israele, proprio come, in un passato che credevamo trascorso una volta per tutte, era il “giudeo” a interpretare il ruolo del malvagio e del colpevole in una rappresentazione del male e del bene che invariabilmente vedeva il “giudeo” responsabile dei crimini più abietti (spesso legati ai bambini, anche allora) e condannato dalla cristianità universale.
Si obietterà, in nome di una visione politica e diplomatica, che Francesco ha parlato dello Stato e non del popolo, che non ha detto niente contro gli ebrei in quanto tali. Obiezione di cartapesta. Dietro le pesanti parole di accusa contro chi bombarda (ma come altrimenti si deve condurre una guerra a chi ti ha deliberatamente attaccato per distruggerti?), dietro l’inflessibile condanna della sua “crudeltà” (male interiore inestinguibile) si affaccia ben distinguibile l’effigie dell’antigiudaismo riemergente.
Perché Israele non può non richiamare agli ebrei e all’ebraismo, e di ciò Bergoglio è ben consapevole. Perché mai prima il pontefice si è espresso in questi termini nei confronti di altri paesi belligeranti. Perché, soprattutto, egli usa due pesi e due misure: non una parola sui terroristi di Hamas che si trincerano dentro e sotto case, ospedali, scuole, moschee usando tutta la popolazione di Gaza e in particolare i bambini come scudi umani; non una parola sui missili contro la popolazione israeliana che per anni da Gaza sono stati lanciati e ancora la bersagliano; non una parola sulle violenze atroci e inenarrabili perpetrate contro gli israeliani il 7 ottobre. Eppure a papa Francesco basterebbero l’equilibrio, la sincerità, il realismo per fornire una descrizione dei fatti più rispondente al vero; ciò renderebbe comunque possibile e persino più credibile la critica nei confronti di tutti i contendenti e degli effetti terribili del conflitto. Ma contrasterebbe con l’immagine oggi dominante che anche il Vaticano cavalca, quella di Israele Stato imperialista (ormai Stato canaglia) quale unico vero responsabile del collasso di tutto il Medio Oriente, con buona pace del ruolo egemone e pervadente dell’Iran, della Russia, della Turchia e della Siria prima del crollo di Bashar Assad.
Ciò che più preoccupa rispetto alla posizione di papa Francesco sulla guerra di Gaza è proprio l’immagine di coraggio civile e politico che lo accompagna e di cui dicevo all’inizio. Una rappresentazione arricchita da quella indubbia simpatia e umanità che lo rendono molto vicino alla gente comune, per la quale egli è un esempio di giustizia indiscutibile. Ecco che allora l’opinione pubblica mondiale e l’opinione comune, allo stesso livello, si sono bevute senza fiatare l’interpretazione, il giudizio, la condanna bergogliane di pochi giorni fa. La considerazione generale nei confronti di Israele, degli ebrei, dell’ebraismo è quindi condannata ad abbassarsi ancora vistosamente.
Con inquietudine ci chiediamo quali saranno le conseguenze di questo declino.
David Sorani