TRADIZIONI – Il Novy God degli ebrei di lingua russa

Avete mai sentito parlare del Novy God? Gli ebrei di origine russa, a partire da quelli emigrati in Israele, lo conoscono bene. È la loro peculiare declinazione del Capodanno civile, ma è anche un modo «per far rivivere tradizioni che si stanno erodendo man mano che i collegamenti con il nostro passato post-sovietico si dissipano». Lo racconta la giornalista Yulia Karra, sul sito Israel21c.
Il “rito” del Novy God si è ripetuto anche anche quest’anno, a cavallo tra le ultime ore del 2024 e le prime del 2025. Prima con la simultanea sintonizzazione, in varie case israeliane con questo retaggio familiare, su canali televisivi in lingua russa. E poi con l’intonazione di canzoni del Novy God dell’era sovietica. Quelle, scrive Karra, «che ci cantavano le nostre nonne». Con l’approssimarsi della mezzanotte arriva poi il momento del brindisi. In alto i calici di champagne ed è anche tradizione addentare un cracker spalmato di caviale. Cose «inimmaginabili» nell’Urss, si legge.
Novy God ha varie analogie estetiche con il Natale, spiega la giornalista: un abete decorato, lucine e un personaggio dalla lunga barba «che somiglia sospettosamente a Babbo Natale». Non è però una festa cristiana, precisa Karra, anche se la sua origine è inevitabilmente connessa alla messa al bando del Natale decretata nel 1929 dal partito comunista, quando ogni festività religiosa fu accantonata dal regime per ragioni ideologiche. Col tempo Novy God divenne quindi in qualche modo un surrogato, prosciugato del significato originario e diffuso anche in ambienti non cristiani.
Oggi, scrive Karra, la festa di Novy God è celebrata nei paesi post-sovietici e in tutta la diaspora innescata dal crollo dell’Urss. In Israele ciò avviene in molte abitazioni dove vivono persone della grande comunità di lingua russa locale, circa 1.2 milioni di individui in tutto, arrivati in larga parte con le ondate migratorie degli anni Novanta. La ricorrenza è familiare a circa «il 72% degli israeliani», si apprende da un recente sondaggio, per quanto la maggioranza di essi (il 54%) «non la percepisca come parte della cultura israeliana».