FRANCIA – Charlie, dieci anni dopo
«Dieci anni dopo. Dieci anni di sincera commozione e di fragile mobilitazione, ma anche dieci anni di vigliaccheria e di rinuncia collettiva di fronte all’islamismo e all’antisemitismo. Charlie Hebdo, Montrouge, Hypercacher. Il loro ricordo è un invito a continuare la lotta». Lo ha scritto sui social Yonathan Arfi, presidente del Crif, la principale istituzione ebraica francese. Per Arfi il decennale dalle stragi di Charlie Hebdo (6 gennaio) e dell’Hyper Casher (9 gennaio) devono essere un monito per il presente: l’estremismo islamico e l’antisemitismo rappresentano ancora una minaccia da combattere, in Francia ma non solo. La libertà di espressione deve ancora essere difesa. Per onorare le vittime di quegli attentati che segnarono l’inizio del 2015 il Crif ha organizzato assieme alla rivista satirica Charlie Hebdo una cerimonia di commemorazione e un dibattito pubblico per la sera del 9 gennaio. L’obiettivo, spiegano i promotori, è ritrovare «lo spirito della manifestazione dell’11 gennaio 2015 e riaffermare un impegno repubblicano condiviso per la libertà di espressione, contro l’antisemitismo e l’islamismo e per la laicità».
L’11 gennaio 2015, a seguito degli attentati a Charlie Hebdo e al supermercato casher, quattro milioni di persone In tutta la Francia sfilarono per difendere la democrazia, la libertà e la convivenza civile. Nelle manifestazioni, da Parigi a Marsiglia, apparivano cartelli con la scritta Je suis Charlie. «Era diventato un grido silenzioso», ricorda sul suo sito Michel Kichka, illustratore israeliano di origine belga.
A dieci anni da quella manifestazione, Kichka ricorda la commozione nel vedere così tanti francesi «che per lo più non avevano mai letto Charlie» scendere in piazza. Ma con amarezza aggiunge: «Purtroppo l’assassinio dei quattro clienti ebrei dell’Hyper Cacher due giorni dopo non generò uno simile slancio. Non nel 2015. E ancor meno nel 2025». Oggi, sottolinea Kichka, «sono Charlie più che mai. Ogni volta che faccio un disegno lo sento come un debito nei confronti dei miei colleghi Cabu, Wolinski, Honoré, Tignous e Charb e dell’intero team del giornale. Per la libertà e la democrazia, la laicità e il diritto alla blasfemia». Una frase a cui l’illustratore israeliano correda la sua vignetta pubblicata dal Courrier International sul decennale dagli attacchi di Parigi. È una desolante trasfigurazione delle manifestazioni di allora per la libertà in Place de la Republique. I manifestanti, vestiti con kefiah e burqa, ai piedi della statua in lacrime della Repubblica tengono in mano cartelli con la scritta: «Non sono Charlie», «Sono stato Charlie» o «Non sono più Charlie». L’unico, sopra tutti, a tenere ancora alto il cartello «Sono Charlie» è un Kichka solitario. L’illustratore conclude: «Non ho il diritto di abbassare la guardia, di cedere al terrore, di restare in silenzio». Ieri come oggi.
d.r.