SHIRIM – Il disgelo

Quando la neve sarà tutta sciolta
andremo in cerca del vecchio sentiero,
quello che si sta coprendo di rovi
dietro il muro del monastero;
tutto sarà come una volta.
Ai due lati, fra l’erica folta
ritroveremo cert’erbe stente
il cui nome non ti saprei citare:
lo ripasso ogni venerdì
ma ogni sabato m’esce di mente;
m’hanno detto che sono rare,
e buone contro la malinconia.
Le felci, agli orli della via
sono tenere come creature:
sporgono appena dal terreno,
arricciolate a spirale, eppure
sono già pronte per i loro amori
alterni e verdi, più intricati dei nostri.
I loro germi rodono il freno
maschietti e femminette,
negli sporangi rugginosi.
Eromperanno alla prima pioggia,
nuotando nella prima goccia,
vogliosi ed agili: viva gli sposi!
Siamo stanchi d’inverno. Il morso
del gelo ha lasciato il suo segno
su carne, mente, fango e legno.
Venga il disgelo e sciolga la memoria
della neve dell’anno scorso.

Per Shirim degli splendidi versi di Primo Levi (1919-1987).
Si è già in Gennaio. Nubi fumose al mattino adombrano mute il disgelo ormai non lontano.
All’indomani del solstizio d’inverno serpeggia nell’animo il sentore caro di un mutamento, l’idea che un sensibile dilatarsi della luce sia già palpabile, che la sconfinata notte autunnale abbia avuto a restringersi, ricacciata nei meandri dai quali sorse per avvolgere il mondo nella sua coltre buia.
Nei primi giorni dell’anno si risveglia per vie misteriose una consapevolezza, come un’arcana coscienza dell’essere. Si sta come ignoti, in bilico tra i deliberati rigori invernali e la promessa luminosa d’un antica e nuova primavera. 
Quali erbe vedrà per prime il sentiero, quali fiori pionieri faranno capolino dai bordi desolati?
Il poeta lo sa: basterà che la terra riveli ancora il volto fresco, sgravato dai crudeli ghiacci invernali e i primi crochi, gli anemoni, le scille azzurre spunteranno dagli argini.
Di lì a poco tutto il bosco e la campagna si ripopoleranno di ogni vita giacente, nascosta.
Le aeree felci fatate torneranno agli amori fantastici, come dorati ippocampi silvani srotoleranno i germogli slabbrati.
Il rigoglio sanerà l’anima di dolci effluvi benefici.
Riverrà l’uomo alla terra, dimentico dei suoi mali.
Avrà in dono pane e sogni.

Shirim è a cura di Mariateresa Amabile, poetessa e docente di Diritti Antichi all’Università di Salerno