USA – Addio a Carter, il presidente della pace che non amava Israele

A pochi giorni dalla morte, il mondo ebraico continua a interrogarsi sull’eredità di Jimmy Carter.
«Perdonatemi se non mi unisco alla canonizzazione di Jimmy Carter», scrive l’esperto di politica estera Mitchell Bard sul Jewish News Syndacate (JNS). Secondo Bard, il 39esimo presidente degli Usa «merita rispetto per il suo servizio e per alcuni risultati meritori raggiunti, ma è stato anche uno dei presidenti, se non il presidente più anti-israeliano della storia». Certo gli accordi di Camp David restano un pezzo di storia, ma per Bard la questione dei suoi meriti andrebbe rivista pensando a quanto Carter «abbia fatto per ostacolare i negoziati». Carter, scrive, «non era interessato a un accordo bilaterale» e «aveva una visione fuorviante di una pace globale in Medio Oriente, che credeva potesse essere raggiunta in una conferenza internazionale a Ginevra». Il peggio però, a suo dire, lo si sarebbe visto fuori dalla Casa Bianca. Con posizioni sempre più ostili venate anche di antisemitismo. Come le «insinuazioni sul controllo ebraico dei media e del governo» durante la promozione del suo controverso libro Palestine: Peace Not Apartheid, pubblicato nel 2006. La questione fu sollevata anche dalla storica della Shoah Deborah Lipstadt.
«Pure se in seguito si scusò per una parte dei contenuti, il danno era stato già fatto con quel titolo», sottolinea a JNS Esther Panitch, l’unica politica ebrea nel governo della Georgia, lo Stato di cui era originario Carter. «Anche se non era la sua intenzione, ha fornito un alibi affinché ogni antisemita possa dire: guarda, un presidente è d’accordo con noi…». Secondo Panitch, Carter è stato «un uomo che ha avuto un impatto significativo sulla vita di tutti, nel bene e nel male, e verso la fine della sua vita ha fatto davvero cose buone per molte persone». La sua impressione è che, tutto sommato, la maggioranza dei cittadini americani lo ricorderà positivamente. Ma forse non all’interno del mondo ebraico.
Di ben altro tenore il pensiero dell’ex consigliere diplomatico israeliano Yoram Dori. In un breve intervento pubblicato dal Jerusalem Post sotto al titolo “The best US president Israelis have ever had”, Dori racconta di avere esplicitato questo suo pensiero a Carter in persona, quando già molte ombre si addensavano sulla sua figura e il risentimento cresceva anche in Israele. Una posizione che difende oggi «sia come ex combattente nella guerra dello Yom Kippur che ha perso la maggior parte dei suoi amici, sia come persona che ha servito come stretto consigliere di Shimon Peres». Nessuno meglio di Carter, secondo Dori, ha permesso a Israele di garantirsi un futuro. «Senza gli accordi di Camp David, chissà dove saremmo oggi».