ROMA – Rubino Della Rocca, ricordo tra le generazioni
Via della Reginella è il cuore del quartiere ebraico di Roma. Qui, nel novembre del 1943, il 42enne Rubino Della Rocca fu arrestato dai nazifascisti, trasferito a Fossoli e infine deportato nel campo di sterminio di Auschwitz-Birkenau, per poi essere ucciso in una “marcia della morte” nel gennaio del 1945. Porta il suo nome una delle 25 pietre d’inciampo incastonate in queste ore a Roma per iniziativa dell’associazione Arteinmemoria
Grande folla lunedì mattina in via della Reginella per ricordare Rubino, la sua storia e la sua esistenza spezzata dalla Shoah. Ma al tempo stesso per celebrare la vita e la continuità incarnate dal coraggio della vedova Elisabetta Moscati e dei tre figli Vittorio, Angelo e Lello. «Mio padre ci ha sempre insegnato: la famiglia è la cosa più importante, restate uniti», racconta Liana Della Rocca, figlia di Lello. Oggi ha tracciato un profilo del nonno a partire dalle memorie del padre e spiegato quanto il suo esempio sia stato presente nella trasmissione di principi e valori alle nuove generazioni. A incarnare questo passaggio di testimone l’intervento tra gli altri di Daniel Della Rocca, il più piccolo dei bisnipoti di Rubino, che ha letto un brano dal libro Chiedi a tuo padre e te lo dirà in cui Vittorio, uno dei figli di Rubino, racconta del suo arresto e della sua deportazione. Vittorio era un rabbino. Ed è un rabbino anche suo figlio, Roberto Della Rocca, che ha concluso la cerimonia parlando del significato ebraico di porre una pietra. Midor ledor, di generazione in generazione.