GIORNALISMO – Addio a Furio Colombo
David Bidussa: «Intellettuale trasversale», Liliana Segre: «Grande perdita»
Furio Colombo, scomparso a Roma a 94 anni, «è stato una voce fondamentale del giornalismo italiano, un intellettuale che non si è mai accontentato e che ha sempre cercato di stimolare riflessioni critiche», afferma lo storico David Bidussa. Per la senatrice a vita Liliana Segre, Colombo «è stato un amico sincero». A Pagine Ebraiche, la senatrice confida: «Devo molto a Furio Colombo. Era un uomo delicato, pieno di buona volontà. Negli ultimi anni, i miei grandi impegni, sproporzionati alla mia età, mi avevano un po’ allontanata da lui. Ma per me la sua morte resta una grande perdita».
Intellettuale, giornalista, parlamentare, Colombo è stato una voce originale della cultura e della politica italiana, riprende Bidussa. «La sua carriera lo ha visto protagonista in testate prestigiose come Repubblica, La Stampa di Torino, ma anche nella collaborazione con la rivista Tempo Presente di Ignazio Silone, un laboratorio culturale di intellettuali radicali, intransigenti e rigorosi. Colombo si è formato in un contesto di controcultura che ha avuto un ruolo decisivo nel plasmare un pezzo importante della cultura italiana del Dopoguerra», spiega lo storico.
Classe 1931, nato in una famiglia ebraica a Chatillon, in Valle d’Aosta, Colombo è stato il promotore dell’istituzione del Giorno della Memoria (Legge numero 211 del luglio 2000). Rientrato dagli Stati Uniti dopo una lunga carriera da corrispondente e dopo aver conversato con Philip Roth per rendere nota negli Usa l’opera di Primo Levi, raccontò come quest’ultima esperienza fu determinante per immaginare un Giorno della Memoria. Approfondire la Shoah attraverso i capolavori di Levi lo spinse a interrogarsi sul ruolo dell’Italia durante quel periodo oscuro. «Per lui il 27 gennaio non era solo un momento di commemorazione, ma un’occasione per fare i conti con la storia italiana», spiega Bidussa. «Voleva smantellare il mito del “bravo italiano” e affrontare le responsabilità dell’Italia durante la Shoah. Per il giornalista e parlamentare, ricordare non significava semplicemente consolare le vittime, ma rielaborare criticamente la nostra mentalità, cultura e i residui storici, evidenziando il ruolo attivo dell’Italia nelle leggi razziali e nelle deportazioni».
Se, a 25 anni dall’istituzione del Giorno della Memoria, l’Italia sia riuscita a fare i conti con il suo passato rimane una domanda aperta. «Spesso, molto spesso, quando leggo certe cose o vedo come sono affrontate, mi sembra di aver vissuto invano», commenta a riguardo la senatrice a vita Segre, sopravvissuta bambina ad Auschwitz. «Ma in altri momenti mi dico: se sono viva, non posso non essere quella che sono. Sono una delle poche sopravvissute, una delle poche che sa cosa vuol dire memoria».
Questo tema è stato centrale per Colombo, così come il dibattito sull’eredità del Giorno della Memoria. «Si può discutere e criticare la ritualità del ricordo, ma il fatto che esista un Giorno della Memoria è un fatto in sé positivo, destinato a durare e ad avere effetti nel tempo», dichiarò nel 2007 al Corriere della Sera.
Lo sguardo critico era un elemento fondamentale della cultura giornalistica di Colombo. Anche su Israele, di cui fu un grande difensore – nel 1991 scrisse Per Israele (Rizzoli) – applicava questo approccio. Colombo incarnava un tipo di pensiero che Bidussa definisce «trasversale». Sebbene avesse un tono di voce che poteva sembrare «verticale, si distingueva per la capacità di abbracciare la molteplicità delle opinioni, sfuggendo alla tentazione di un pensiero univoco o totalitario. In un contesto culturale che spesso privilegia la rigidità delle appartenenze, Colombo rappresentava un esempio di riflessione autentica, capace di attraversare confini ideologici senza mai tradire la propria coerenza».
Daniel Reichel