MEMORIA – L’antisemitismo in cattedra in mostra fino al 23 febbraio

Mario Falco (1884-1943) era professore di diritto ecclesiastico; Carlo Foà (1880-1971) era ordinario di Fisiologia umana; Giuliana Fiorentino Tedeschi (1914-2010) era assistente di Storia della Lingua italiana. Avevano storie e vite molto diverse, unite solo dalla comune frequentazione dell’Università di Milano. Poi nel 1938 i loro destini, assieme a quello degli altri docenti e studenti ebrei d’Italia, si unirono, loro malgrado: il regime fascista con la promulgazione delle leggi razziali li espulse dall’università, rimuovendoli dai rispettivi ruoli. In tutto furono 41 i professori e assistenti cacciati dall’ateneo milanese. Una ferita ripercorsa nella mostra L’Università di Milano e le leggi antiebraiche, al via oggi alle 18.00 al Memoriale della Shoah di Milano e aperta al pubblico fino al 23 febbraio.
In mostra sono esposti documenti della Statale e della Fondazione Cdec, che ricostruiscono l’iter della legislazione antiebraica e si soffermano anche sulle storie di Falco, Foà e Fiorentino Tedeschi.
«All’Università di Milano la svolta antisemita del fascismo colpì quarantuno tra professori, aiuti e assistenti. In molti casi erano illustri studiosi, che avevano messo a disposizione della causa fascista il proprio sapere; personalità diverse, per età ed esperienze, le cui vite vennero tragicamente accomunate dalla persecuzione», spiega Emanuele Edallo, tra i curatori della mostra, assieme a Yuri Gallo, Luca Natali e Giovanni Rota.
La mostra, esposta per la prima volta all’Università di Milano lo scorso anno, è stata riadatta per gli spazi del Memoriale, spiega Edallo, autore del saggio Il razzismo in cattedra. La persecuzione degli ebrei all’Università di Milano. L’ateneo meneghino «eseguì le espulsioni con rigore certosino, mostrando una freddezza comprensibile per l’epoca ma inquietante nel dire addio ai colleghi espulsi». Non ci sono, sottolinea Edallo, testimonianze di dissenso da parte di colleghi o studenti, salvo casi isolati di messaggi privati.
In mostra vi sono invece le tre storie di Falco, Foà e Fiorentino Tedeschi.
Falco era un illustre giurista e fu il padre della legge sul riordinamento delle comunità israelitiche italiane del 1930. «Abbiamo esposto alcuni documenti significativi, come una sua richiesta per essere riassegnato a un ruolo non accademico», spiega Edallo. Dopo l’espulsione, Falco si ritirò dalla vita pubblica e morì prematuramente nel 1943 durante lo sfollamento in Romagna.
Giuliana Fiorentino Tedeschi, assistente di Storia della Lingua Italiana, dopo l’allontanamento dall’Università di Milano, insegnò per un periodo nella scuola ebraica di via Eupili. Trasferitasi a Torino, fu arrestata e deportata ad Auschwitz assieme al marito, Giorgio Tedeschi, e alla suocera, Eleonora Levi. Fiorentino Tedeschi sarà l’unica dei tre a sopravvivere al lager. «Grazie al Cdec, in mostra è esposta la prima edizione del suo libro di memorie. È uno dei primi testi pubblicati in Italia sulla Shoah» sottolinea Edallo.
Carlo Foà, professore ordinario di Fisiologia e fervente sostenitore del regime fascista, fu anch’egli espulso nel 1938. «Nonostante il suo legame con il regime, non riuscì a riottenere la cattedra e poi trovò rifugio in Brasile. Tornò in Italia una volta finita la guerra e fu reintegrato». In mostra, spiega Edallo, ci sono documenti che evidenziano il passato fascista di Foà, oltre a lettere degli studenti sia contro il suo ritorno, sia in sua difesa.

d.r.

(Nell’immagine, la veranda della Scuola ebraica di via Eupili nel 1942. Al centro Giuliana Fiorentino e primo a sinistra, Giorgio Schreiber, anch’egli espulso dall’Università di Milano – Archivio Fondazione CDEC)