MUSICA – Come in un film di Stanley Kubrick
Lo SS-Hauptsturmführer Georg Bachmayer, vicecomandante di Mauthausen nonché responsabile della custodia dei prigionieri del lager e dei suoi subcampi, aveva la bestiale predilezione di scagliare i suoi due feroci mastini contro i deportati affinché fossero sbranati vivi; se il deportato non moriva d’infarto, moriva per dissanguamento tra atroci sofferenze e mutilazioni.
Nell’estate 1944 il musicista ceco Jaroslav Tobiášek, deportato a Mauthausen e addetto alla barberia del suo Block, assemblò un quartetto d’archi che eseguì i quartetti di L. van Beethoven per un piccolo pubblico presso la selleria del Block I del lager; in seguitò Tobiášek assemblò un’orchestra costituita da elementi di provata esperienza tra i quali professori d’orchestra del Protettorato di Boemia e Moravia, 20 professori dell’Orkiestra Filharmonii Narodowej di Varsavia e professori d’orchestra spagnoli giunti dal Campo pirenaico di Gurs (controllato dal governo di Vichy) a Mauthausen portando in dotazione repertorio musicale iberico e zarzuelas.
Molti di loro riuscirono a portare con sé i propri strumenti che venivano conservati nella Effektenkammer del Lager, altri ebbero il permesso di farsi spedire lo strumento dai familiari insieme a partiture e parti staccate; l’orchestra di Tobiášek si esibiva presso la Appellplatz del lager, durante le festività natalizie e pasquali o talora per i compleanni di ufficiali SS e per il Lagerältester.
Il famigerato vicecomandante Georg Bachmayer dispose quanto necessario per l’allestimento di revue teatrali con danze e musica spagnola a beneficio delle SS e dei prigionieri; all’organizzazione degli spettacoli (scene, costumi, artisti, orchestra) parteciparono numerosi deportati spagnoli e il tenore italiano Giorgetti presentato quale “cantante del Théâtre du Capitole di Toulouse”.
Braccato dalle truppe statunitensi durante la liberazione dei Lager, Bachmayer si suicidò l’8 maggio 1945 non prima di aver sparato alla moglie e ai suoi due figli.
Nel suo libro Musiques d’un autre monde il pianista e compositore ebreo polacco Szymon Laks, già direttore dell’orchestra maschile di Birkenau, scrive che diversi ufficiali SS partecipavano alle prove d’orchestra e talora accadeva che alcuni di loro, versati in qualche strumento musicale o già musicisti prima di arruolarsi nelle SS, imbracciassero uno strumento suonando con gli altri professori d’orchestra ebrei; Laks scrive che non di rado nacquero amicizie tra musicisti SS e musicisti ebrei.
La violinista polacca Helena Dunicz-Niwinska (foto), deportata a Birkenau, riporta che frequentemente ufficiali SS, dopo aver sovrinteso alle selezioni per la gasazione, si recavano presso il Block dell’orchestra femminile per ascoltare opere di Grieg, Schumann e Mozart.
Sembra di essere nella trama di un film di Stanley Kubrick e tuttavia ciò è incredibilmente vero; gli stessi individui imbevuti del più deleterio sadismo si scioglievano in lacrime davanti a meravigliose melodie o suonavano fianco a fianco con le loro vittime o spendevano tempo ed energie per allestire spettacoli teatrali e musicali dopo aver sguinzagliato mastini sul povero malcapitato di turno.
Fatta eccezione per individui ebbri di depravazione ideologica ed esistenziale, gran parte degli ufficiali e sottufficiali tedeschi preposti all’operatività del lager e alla consunzione psico-fisica dei deportati erano genitori (ruolo che di sicuro svolgevano egregiamente), che a fine ‘lavoro’ in lager rincasavano riabbracciando i propri cari; Kurt Hubert Franz, il famigerato comandante delle guardie a Treblinka, tornava nei propri alloggi ogni sera e, prima di cena, giocava a carte con amici in una sorta di quadretto idilliaco che potremmo ritrovare in ogni paesino tedesco o austriaco.
La guerra è la negazione di ogni logica; il lager è la logica di tale negazione.
In uno stato di perenne fluidità e interminabile update, la musica riaggiorna le coordinate umane.
Non esiste musica cattiva così come non esiste l’uomo cattivo tout court; se da una parte c’era il deportato musicista, dall’altra c’era l’ufficiale che glielo consentiva passandogli carta musica, dispensandolo da lavori pesanti, fornendogli strumenti musicali e razioni supplementari di cibo.
In breve, lasciandolo libero di fare musica.
Abbiamo di gran lunga superato il fatidico numero delle 10.000 partiture archiviate a Barletta; questa ricerca riparte ogni giorno dal presupposto che l’uomo sia fondamentalmente buono e generoso a dispetto di ogni palese smentita, mentre guerra e ideologie discriminatorie lo abbrutiscono.
Musicisti e amici inseparabili, Jakob e Hermann crebbero insieme a Colonia, l’uno ebreo e l’altro no; dopo le scuole superiori Jakob intraprese la carriera musicale divenendo violinista e compositore, Hermann abbandonò gli studi musicali ed entrò nelle SS.
Un giorno arrivò l’ordine di rastrellare ebrei a Colonia e la lista arrivò nelle mani di Hermann; scorrendo l’elenco dei nomi, Hermann scoprì che c’era anche quello del suo amico musicista Jakob.
Senza indugio Hermann si recò alla casa di Jakob della quale ben conosceva l’indirizzo e bussò alla porta, sull’uscio comparve l’anziano papà di Jakob che riconobbe nella divisa da SS quel che fu l’amico di suo figlio. «Dov’è Jakob?», chiese Hermann, «Jakob non vive più qui, ha casa qualche isolato più giù», rispose il papà di Jakob. «Bene, gli riferisca che nel pomeriggio andremo a prelevarlo». Traduzione: «Avvisa Jakob di non farsi trovare a casa oggi pomeriggio».
Per paradossale che possa sembrare, l’SS e musicista mancato Hermann salvò il musicista ebreo Jakob; qualche anno dopo Hermann morì in piena guerra, sul fronte ucraino.
Abbiamo ancora una piccola, residua speranza che la musica salvi questo pianeta.
Francesco Lotoro