CULTURA – Primo Levi, in mostra la “rete” delle sue lettere
Aperta da pochi giorni a Palazzo Madama, la mostra “Giro di posta. Primo Levi, le Germanie, l’Europa” è stata promossa dal Centro Internazionale di Studi Primo Levi e curata da Domenico Scarpa. Incentrata su documenti in gran parte inediti, riesce nel difficile intento di dare corpo a degli scambi epistolari. “Giro di posta” è da intendersi in senso letterale: la mostra racconta la fittissima rete di scambi che Levi ha avuto con i suoi interlocutori tedeschi. Hanno presentato la mostra il direttore del Museo Civico d’Arte Antica, Giovanni Carlo Federico Villa, il curatore Domenico Scarpa e Fabio Levi, presidente del Centro Internazionale di Studi Primo Levi. La coordinatrice del progetto LeviNeT, Martina Mengoni, ha raccontato come Levi sia stato al fulcro di una «intricata rete epistolare» formata da persone molto diverse tra di loro: lettori comuni e suoi lettori che erano anche scrittori, ex compagni di lager, e persino qualcuno che ad Auschwitz era stato “dall’altra parte”. «Si tratta di un caso unico» ha spiegato Mengoni «in cui gli scambi sono durati anche anni, e compongono una sorta di enorme dibattito epistolare che diventa un dialogo complesso fatto di più persone, luoghi e lingue». Il progetto leviNeT, finanziato dallo European Research Council, prevede che nei prossimi anni vengano progressivamente pubblicate le corrispondenze “tedesche” di Primo Levi. Al momento su sito (www.levinet.eu) è già visibile tutto lo scambio con Hermann Langbein, che Levi descrive alla casa editrice Mursia come «un uomo formidabile, ex-comunista, ex-legionario in Spagna, poi internato in Francia, deportato a Dachau e poi ad Auschwitz, membro attivissimo della Resistenza entro il Lager ed insieme ‘uomo di fiducia’ di un medico delle SS», proponendo per la traduzione italiana Menschen in Auschwitz, diventato poi un classico della storiografia sui campi di sterminio. La mostra, come il progetto LeviNeT di cui arriva a dare un minimo assaggio, racconta come i carteggi cominciati nel 1959 con il suo traduttore tedesco, Heinz Riedt, formino una vera e propria rete. Ci sono scambi in cui una singola lettera viene mandata in copia a più persone per sollecitare la discussione, casi in cui un contatto ne porta altri, e spazia su un’area molto ampia, che comprende le due Germanie, ma anche l’Austria e il Belgio.
Gianfranco Cavaglià, autore dell’allestimento, ha spiegato la complessità del lavoro: dare corpo a delle lettere, in assenza di oggetti, e rendere alle parole il loro valore. La scelta è stata di lavorare su due nastri paralleli: uno, inferiore, dove sono riportate ad altezza sguardo le lettere e i testi principali, e uno, superiore, che contiene approfondimenti, cartine, informazioni storiche o biografiche. Il tutto, poi, è composto da una serie di diedri incernierati tra di loro. Tra un diedro all’altro, poi, si intrecciano in altre strisce colorate che rappresentano gli scambi: le lettere in azzurro, le risposte in giallo, gli incroci in vari colori rendono ancora più forte la sensazione di rete.
Durante la presentazione è stato ricordato che Sergio Mattarella ha assegnato alla mostra la medaglia del Presidente della Repubblica. Le cinque sezioni, Primo Levi. Un precoce pensiero europeo; Hermann Langbein. Un uomo formidabile; Heinz Riedt. Un tedesco anomalo; Giro di posta (che dà il titolo all’intero allestimento); e Le lettrici e i lettori sono articolate intorno ad altrettante domande: che fare dell’esperienza di Auschwitz?; In che lingua parlare di Auschwitz ai tedeschi?; Come cercare la verità e la giustizia su Auschwitz?; Come parlare con chi stava dall’altra parte? e, infine: È possibile capre i tedeschi?. Sia Domenica Scarpa sia Fabio Levi hanno sottolineato come con la pubblicazione della corrispondenza si apre un nuovo capitolo della conoscenza di Primo Levi. Sono a tutti effetti degli inediti, uno sguardo nuovo, una nuova scoperta.