LA NOTA – Daniele Radzik: Boicottaggio sanitario di Israele, i pesi e le misure
Lo scambio di opinioni pubblicato recentemente sull’edizione digitale di Pagine Ebraiche tra Livio Sirovich e un gruppo di medici triestini solleva interrogativi cruciali. Da una parte, Sirovich ha denunciato «poca informazione e tanto pregiudizio» in un appello firmato da medici che invocavano un cessate il fuoco e l’interruzione dell’invio di armi a Israele. Dall’altra, i firmatari hanno accusato Israele di gravi violazioni umanitarie, inclusi attacchi contro operatori sanitari. Questo dibattito riflette una polarizzazione crescente: mentre alcuni critici evidenziano l’impatto delle operazioni israeliane sulle infrastrutture civili a Gaza, Israele sostiene che tali azioni mirano a contrastare Hamas, accusato di usare aree civili per scopi militari. La questione resta controversa, con pareri discordanti anche tra esperti di diritto internazionale.
Il punto centrale emerso su Pagine Ebraiche può essere sintetizzato in questa domanda: qual è il confine tra una legittima critica politica e il rischio di cadere in discriminazioni o antisemitismo? Richieste di sospendere collaborazioni mediche con Israele sono sempre più frequenti e provengono da settori che accusano lo Stato ebraico di “genocidio” e della distruzione del sistema sanitario palestinese. Esprimere disapprovazione per le azioni condotte dal governo israeliano è legittimo in una democrazia, purché basato su fatti documentati e verificabili.
Un caso emblematico è l’appello pubblicato nel giugno 2024 sulla rivista Environmental Health, firmato da 40 scienziati internazionali, tra cui alcuni italiani. Nel documento si accusa Israele di aver causato una «catastrofe umanitaria e ambientale a Gaza», distruggendo ospedali, scuole e risorse essenziali. Le accuse si basano però su dati forniti dal Ministero della Sanità di Hamas, sollevando dubbi sulla loro attendibilità. Israele è descritto come responsabile di un “ecocidio”, in violazione del diritto internazionale, ma manca una verifica rigorosa delle fonti.
Alla fine del 2024, Francesca Albanese, Relatrice Speciale delle Nazioni Unite, ha pubblicato su X (ex Twitter) un appello affinché i professionisti sanitari rompano ogni legame con Israele. Secondo Albanese, tale azione rappresenterebbe una condanna simbolica verso quella che ha definito «la distruzione del sistema sanitario palestinese a Gaza». Nel frattempo, università e istituzioni di ricerca subiscono crescenti pressioni per cessare collaborazioni con istituzioni israeliane, riconosciute per i loro contributi all’innovazione medica globale. Alcuni movimenti, come il BDS, hanno persino invitato gli operatori sanitari italiani a boicottare farmaci prodotti da aziende israeliane, come Teva Pharmaceuticals.
Sono giustificate queste iniziative contro Israele o rappresentano una forma di discriminazione? Le operazioni militari israeliane hanno indubbiamente avuto un impatto sulla popolazione civile di Gaza, incluse le limitazioni all’accesso a forniture mediche essenziali. Tuttavia, la definizione operativa di antisemitismo dell’International Holocaust Remembrance Alliance (IHRA) considera discriminatorio delegittimare Israele o applicare due pesi e due misure. Richiedere il boicottaggio di Israele senza applicare lo stesso criterio ad altri contesti simili potrebbe quindi rivelarsi un’ingiustizia.
Riconoscere errori e responsabilità di Israele è fondamentale per un dibattito trasparente, ma altrettanto importante è evitare che le critiche diventino strumenti di ostilità selettiva. La trasparenza e l’imparzialità devono guidare tutti gli attori, incluse le organizzazioni internazionali, le istituzioni israeliane e palestinesi e la comunità scientifica. Chi pubblica studi o appelli dovrebbe garantire la verifica rigorosa delle fonti, mentre medici ed esperti sanitari dovrebbero leggere i report con spirito critico.
Un esempio di questa prospettiva è l’Associazione Medica Ebraica (AME), che ha denunciato l’uso di dati non verificabili nell’articolo di Environmental Health e si è opposta all’espulsione di studenti israeliani dalla Federazione Internazionale delle Associazioni Studentesche di Medicina (IFMSA). L’AME e la Global Jewish Health Alliance sostengono che la medicina debba restare un ambito neutrale, al servizio del benessere umano, al di là di barriere ideologiche.
La critica politica è essenziale, ma deve essere costruttiva, equa e basata su fatti documentati. Ben vengano recensioni negative verso Israele – come verso qualsiasi altro Stato – purché non strumentalizzate per finalità ideologiche che tradiscano i principi di giustizia ed equità. Solo così si può promuovere un dibattito onesto, capace di contribuire alla tutela dei diritti umani su scala globale.
Daniele Radzik, medico pediatra