SHIRIM – Bufera di neve (Julian Tuwim)

Bufera di neve
La sonnolenza fitta, carosello di neve
copre i fiocchi di neve di sonno
il mio giorno vano, il mio tempo insensato
e le tracce disordinate dei miei passi.
Se voglio posso dormire, posso alzarmi se voglio,
sedermi alla finestra con un vecchio giornale,
o entrare nel giorno, nel sonno – allora un altro
qui seduto, non io, vedrà un passante lontano.
È un bene o un male assopirsi così nella nebbia?
Sussurrare notizie funebri e tardive?
È un bene o un male scorrere, ombra sullo sfondo
di una bufera di neve e di un’epoca fosca?
Una coltre di neve mi ha coperto, il mio tempo
in un’ora è svanito, in una bianca siesta,
in una soffice nevosa passeggiata.
Il mio giorno vano, il mio tempo insensato
a lenti versi offro in sacrificio.
Proponiamo per Shirim questi versi di Julian Tuwim (1894-1953) nella traduzione in italiano a cura di Valeria Rossella.
Chi abbia conosciuto la quiete sovrumana di una tempesta di neve osservando dai vetri appannati, riassaporerà stupito il silenzio, il vivido incanto calato dal cielo.
Si sta come attoniti, i sensi ovattati, sopiti. “Non c’è alcun bisogno” – par sussurrare la neve- “di scuotersi. Nessun movimento è opportuno, ogni sforzo vano…”.
Di là dai vetri ogni cosa ristà nell’oblio.
Dorme la materia viva, incosciente, sopita. Dormono gli animali selvatici negli oscuri pertugi del suolo.
Placa la neve i sensi e il cuore, rivelando la sua via nascosta, la sua luce profonda. Bisogna lasciare che sia, questa neve, che conforti l’animo col suo cuscino inatteso.
Per i suoi tardi clivi viaggeranno passeggiatori immaginari, a lenti passi, sospinti dal tormento incessante dell’essere.
Sprofonderanno, vinti, in soffici baratri, risanati.
Shirim è a cura di Mariateresa Amabile, poetessa e docente di Diritti Antichi all’Università di Salerno
(Nell’immagine, la statua di Julian Tuwim in via Piotrkowska a Łódź, in Polonia)