ISRAELE – L’ex ostaggio: «Per ricominciare, tutti i rapiti devono essere liberi»

I capi con disegnate macchie di leopardo in Israele sono diventate un simbolo della mobilitazione per Romi Gonen. La sua coperta preferita è leopardata così come diversi suoi vestiti. Mentre era ancora ostaggio di Hamas, la famiglia e i parenti si sono vestiti rigorosamente con abiti leopardati per chiederne, il giorno del suo compleanno, la liberazione da Gaza. Era il 17 agosto 2024. Sei mesi dopo Romi, 24 anni, è tornata in libertà dopo 471 nelle mani di Hamas. E oggi per la prima volta si è rivolta al pubblico. «Grazie a Dio sono finalmente a casa. Non c’è dubbio che le macchie di leopardo siano una parte inseparabile di me, e grazie alla mia famiglia e ai miei amici, l’avete trasformata in un’iniziativa emozionante pensata per ricordarmi e lottare per me», ha scritto sui social la giovane. Il giorno della sua liberazione, il 26 gennaio, i militari di Tsahal l’hanno accolta con la sua coperta preferita. «Dopo 471 giorni, sono uscita dall’oscurità alla luce, ed ero così emozionata da gridare: ‘Papà, sono tornata viva, papà! Grazie alla mia amata famiglia che ha fatto di tutto per riportarmi a casa. Grazie a voi, sono riuscita a mantenere la sanità mentale e la speranza. Grazie a tutti i miei amici che sono diventati l’esercito di Romi e a tutti coloro che hanno partecipato alla lotta, alle forze di sicurezza che hanno rischiato la vita per noi, vi ringrazierò per sempre». Gonen, come gli altri ostaggi liberati fin qui, ha lanciato poi un appello a non dimenticare i 79 rapiti ancora sequestrati a Gaza. «Il mio percorso di riabilitazione inizia ora, ma non sarà completo finché non saranno tutti a casa!».
La fase due
Rimangono ancora quattro gruppi di ostaggi da liberare per completare la prima fase dell’accordo tra Israele e Hamas, che prevede il ritorno a casa in 42 giorni di 33 rapiti (otto non sono più in vita) in cambio della tregua e della scarcerazione di centinaia di detenuti palestinesi. Dopo il 18 febbraio, dovrebbe iniziare la seconda fase su cui le parti, con la mediazione di Usa, Qatar ed Egitto, stanno iniziando a discutere. «Porteremo tutti gli ostaggi fuori da Gaza, passeremo alla fase due», ha promesso il presidente Usa Donald Trump, incontrando il primo ministro Benjamin Netanyahu alla Casa Bianca. Per il momento però sulle trattative c’è molta incertezza, anche alla luce della proposta di Trump di un controllo americano su Gaza e una ricollocazione a tempo indeterminato di quasi due milioni di persone. Un progetto, scrivono i media internazionali, dietro cui ci sarebbe il genero Jared Kushner, già tra gli artefici nella prima amministrazione Trump degli Accordi di Abramo siglati da Israele con alcuni paesi arabi. Secondo Kan, l’annuncio del presidente Usa ha sorpreso anche i funzionari israeliani. E mentre le reazioni a favore e contrarie si susseguono, Trump ha chiarito un altro punto per i suoi progetti per il Medio Oriente. Non ha intenzione di colpire militarmente l’Iran. «Le notizie secondo cui gli Stati Uniti, in collaborazione con Israele, faranno esplodere l’Iran in mille pezzi sono ampiamente esagerate», ha scritto lo stesso Trump sul suo social, Truth. «Preferirei di gran lunga un accordo di pace nucleare, che permetta all’Iran di crescere e prosperare pacificamente», ha proseguito l’inquilino della Casa Bianca. «Dovremmo iniziare a lavorarci immediatamente e fare una grande celebrazione in Medio Oriente quando sarà firmato e completato».