LA RIFLESSIONE – Renzo Ventura: il male delle notizie alla rovescia
Noi che accendiamo la televisione italiana la sera per vedere le notizie, ancor prima di premere il tasto, siamo già pronti a una arrabbiatura o, comunque, a una sofferenza. Questo vale, ma in misura minore, anche per la lettura dei giornali, dei quali conosciamo più chiaramente la linea editoriale e dunque siamo più preparati alla difesa. Questi mesi di guerra in Israele sono stati fonte di tragedie oggettive, sofferenze enormi, immagini devastanti. Si dice: è la guerra, cosa vuoi, cosa pretendi?
Ma ecco che appena cominciano i servizi giornalistici dal cosiddetto medio oriente, per taluni Terra Santa, per altri Israele, quel pregiudizio, quella rabbia, quella voglia di spegnere tutto e farla finita si affaccia per prevalere sulla razionalità.
La materia del contendere riguarda la libertà di stampa, di pensiero, di commento, ma anche il diritto a una informazione corretta. Ogni corrispondente può intervistare chi crede, valorizzare quegli elementi che ritiene opportuni, condire il tutto con le immagini, meglio se attuali, che suffragano il pensiero e il servizio da mandare in onda. Ed è anche vero che i corrispondenti da una stessa zona di guerra sono non pochi, con sfumature di pensiero, anche politico, non indifferenti. Sono finiti i tempi di “qui Nuova York, vi parla Ruggero Orlando…”. C’era solo lui e raccontava ciò che voleva.
Oggi c’è però un momento in cui il procedimento logico pare alterato.
In questi giorni, ad esempio, circola una notizia che è stata data nella seguente forma:
in Libano la tregua rischia di saltare. Israele non si ritira dal Libano del sud come nei patti e le sue truppe restano lì.
Dunque l’utente è indotto a pensare: Israele viola il patto.
Ma così non è perché la seconda parte della notizia, che avrebbe dovuto esser la prima in quanto causa del fatto, spiega come a dispetto di concordato le truppe libanesi (Laf), anche per colpa di Hezbollah, non si siano ancora schierate nella zona da cui Israele si deve ritirare: quindi Laf ed Hezbollah sono responsabili del rischio per la tregua.
La storia e la logica della notizia “alla rovescia” determina un giudizio errato e negativo su Israele a meno di non rimettere i pezzi insieme nel modo corretto,
Ma quello che manca spesso è il commento deciso che dovrebbero suscitare certi episodi. È possibile che niente scandalizzi più nell’opera dei terroristi?
Un’ambulanza piena di armi al servizio di Hamas che tipo di notizia è? C’è una regia dietro il trattamento di ogni notizia?
Abbiamo visto cadaveri che resuscitano, abbiamo visto tunnel a pochi metri dalle caserme Unifil, ma non abbiamo avvertito la reazione.
Quale pace andavano cercando le truppe Unifil e i terroristi ?
È molto doloroso affrontare questi argomenti, dei quali peraltro da tanti anni si parlava seppur sottovoce. Ma quando le notizie sono esplose non hanno trovato quella eco che avrebbe dovuto far scandalizzare il mondo intero per esigere chiarezza su fatti che non sono degni di una umanità decente. E un’ambulanza piena di armi non ha più fatto notizia, mentre ha fatto notizia chi ha cercato di fermarla, onde impedire l’uso di quelle armi.
Del resto, neanche i comportamenti della Croce Rossa Internazionale sono stati evidenziati come sarebbe stato corretto. Che dire di un ente terzo che per sua natura dovrebbe essere equidistante tra le parti, che in un anno e mezzo mai ha visto i sequestrati, come da obbligo di diritto internazionale? Nessun grido si è levato per questi fatti e, ancor peggio, nessun servizio proporzionato all’infame spettacolo del rilascio dei sequestrati è durato più di tanto.
Responsabile, o comunque compartecipe del dramma umano, è stata proprio la Croce Rossa: il rilascio degli ostaggi avrebbe dovuto essere eseguito secondo le regole del diritto internazionale, e cioè in un luogo protetto e terzo, con un passaggio mediano dopo la liberazione e prima della riconsegna. Invece, come si è visto, tutto è avvenuto nella confusione più assoluta, con sceneggiate degne di una dittatura, con evidente sottomissione di tutti ai terroristi, i quali con mitra, maschere e tute mimetiche, hanno esibito gli ostaggi al pubblico ludibrio. E qui gli interventi della Croce Rossa sono stati nulli: o peggio, negativi e subordinati alle violenze. Funzionari della Croce Rossa hanno firmato il rilascio, tutti seduti al tavolo dei terroristi, senza un minimo di dignità che distinguesse i ruoli. E i terroristi, per dimostrare chi comandava, hanno urlato e danzato sul tetto delle auto della Croce Rossa, in un caos totale di forza diabolica, ma soprattutto senza opposizioni di sorta.
La drammatica scena si è conclusa negli occhi della sequestrata che, ancora, a un metro dalla libertà, non vede la fine della tragedia e palpita per la propria sorte. E qui termina ancora una volta l’umanità.
In una guerra di queste dimensioni fra terroristi e Israele, troppe sono le sensibilità, troppi sono gli interessi, troppe sono le forze in campo e, già fino dai tempi di Al Jazeera, giornalisti e notizie sono una matassa difficile da sciogliere.
Certo è che la guerra si conduce anche attraverso l’informazione.
È difficile essere liberi, è difficile essere bravi, ma bisogna essere consapevoli che ogni scelta può determinare nell’utente e nel lettore la formazione di certezze spesso non ancorate a una corretta descrizione e valutazione dei fatti.
Da qui la grave sofferenza dell’utente, il quale percepisce che qualcosa non risponde a quei parametri di giustizia nel settore della informazione, ma che invece è pur sempre titolare del diritto ad avere una informazione corretta.
Un ultimo esempio.
Come riuscirà la mente di un ascoltatore a coordinare la continua subliminale accusa di genocidio contro Israele con l’immagine quasi biblica delle moltitudini di palestinesi che, loro senza attraversare il mar Rosso ma lungo la spiaggia asciutta del Mediterraneo, in un lungo serpente umano, tornano a nord nella citta di Gaza?
Forse il feroce delitto di genocidio contempla, nella indicata cattiveria dell’esercito di Israele, anche la sopravvivenza di questa moltitudine di persone?
Non c’è che aspettare un sano e corretto dibattito di veri esperti sull’argomento e non lasciare le cose sospese nel vuoto: solo così, forse, potremmo stare un po’ meglio anche noi, onesti componenti del genere umano, ritrovando con calma quella fiducia nei media che oggi, salvo eccezioni, giustamente è andata persa.
Renzo Ventura