CATANIA – Disegni (Ucei): istituzione comunità ebraica è regolata da Intesa

Nel dicembre del 2023, sotto l’egida della Comunità di Napoli, è stata fondata a Catania una Sezione ebraica. La Sezione ha un referente nella figura di Moshe Ben Simon ed è sostenuta dall’Ucei. In città opera anche un’autoproclamata “Comunità Ebraica di Catania”, presieduta dall’avvocato Benito Triolo. L’Ucei ha definito “illegittima” l’iniziativa e, in sede legale, ha contestato l’utilizzo della locuzione. In primo grado l’istanza è stata rigettata dal Tribunale civile di Catania, che ha stabilito la possibilità per l’associazione di chiamarsi “Comunità Ebraica di Catania”.
«L’Ucei si riserva di percorrere tutte le azioni necessarie per la tutela di ogni Comunità ebraica e dell’ebraismo italiano in generale», spiega il vicepresidente dell’Unione, avvocato Giulio Disegni, nel commentare la sentenza. La vicenda di Catania, sottolinea Disegni, «è sicuramente complessa e delicata». E per questo «è necessario chiarire che la nostra non è un battaglia per o contro la libertà di culto, ma per difendere la locuzione Comunità Ebraica nel modo in cui è presentata nella legge che ha recepito l’Intesa con lo Stato all’art. 18, dove si evince che è l’istituzione caratterizzante dell’ebraismo italiano». È l’aspetto chiave della questione, prosegue Disegni, «ma non è stato colto dal Giudice di Catania: il nome Comunità e l’aggettivo Ebraica, associati insieme, rappresentano un segno distintivo ben preciso caratterizzante l’istituzione comunitaria». Se così non fosse, «chiunque potrebbe fondare un’istituzione Comunità Ebraica dall’oggi al domani, diversamente dal preciso iter che prevede l’Intesa, mentre è possibile procedere in quel senso se si vuole formare un’associazione di cultura ebraica». La differenza è sostanziale, afferma Disegni, «e per questo contestiamo l’asserzione del Giudice, perché a differenza di quel che scrive in sentenza il termine Comunità Ebraica non è in questo caso un termine “generico” equiparabile ad esempio a una “comunità scientifica” in senso lato, ma è parte di una formula difesa e tutelata dallo Stato». La sentenza è stata in precedenza affrontata in una nota congiunta dall’Ucei e dalla Comunità di Napoli (Cen). «Pur nel doveroso rispetto di ogni sentenza», si legge, «non possiamo esimerci dall’osservare che la pronuncia del Tribunale di Catania non ha purtroppo colto i punti salienti della vicenda, che non riguarda la libertà religiosa di un’associazione, ma la tutela di un nome, Comunità Ebraica, che, in base alla legge italiana appartiene in via esclusiva a quelle realtà che sono istituzioni tradizionali dell’ebraismo in Italia e formazioni sociali originarie, ovvero a quelle, anche di nuova costituzione, riconosciute con decreto del Presidente della Repubblica». Ucei e Cen aggiungono che «il gruppo di Catania potrà scegliere se proseguire la propria attività in forma semplice ed associativa oppure se entrare a fare parte del sistema istituzionale dell’ebraismo italiano, laddove ne ricorrano i presupposti di legge e di statuto». In un post pubblicato sulla pagina Facebook dell’associazione di Triolo, il comunicato Ucei-Cen è stato definito «la solita tiritera, trita e ritrita». Nel post si accusa l’Ucei di essere distante «dal rispetto e dalla dignità, non accettando la sentenza» e si sostiene di aver «smontato punto su punto tutte le baggianate che hanno scritto».
a.s.