ISRAELE – Gli effetti di Trump sul sistema politico

Il mondo cerca ancora di capire il significato dell’annuncio del presidente Usa Donald Trump sulla Striscia di Gaza. Nessuno sa come e quando gli Stati Uniti dovrebbero, secondo l’annuncio, ottenere il controllo su Gaza né tantomeno come, quando e dove dovrebbero essere trasferiti i quasi due milioni di palestinesi che risiedono nell’enclave.
Leader mondiali e opinione pubblica si sono divisi tra favorevoli e contrari. Sulla proposta regna molta confusione, ma un dato politico in Israele sembra chiaro: l’annuncio ha aiutato il primo ministro Benjamin Netanyahu nei sondaggi. Secondo una proiezione del quotidiano Maariv, se si votasse oggi la coalizione di “Bibi” Netanyahu otterrebbe 53 seggi alla Knesset, quattro in più rispetto ai 49 previsti in un sondaggio precedente.
I risultati suggeriscono che la discussa dichiarazione di Trump abbia contribuito ad aumentare il sostegno al blocco di destra. Tuttavia, nonostante la crescita, la coalizione guidata da Bibi non raggiungerebbe ancora la maggioranza assoluta di 61 seggi necessaria per formare un governo. Anche per le opposizioni la situazione sarebbe complicata: senza contare i partiti arabi, dati a dieci seggi e tradizionalmente esclusi dalle coalizioni di governo, il blocco di centro con la sinistra si fermerebbe a 57 seggi (contro i 61 della scorsa settimana). Nessuno, almeno nelle proiezioni attuali, sembra avere i numeri per formare un esecutivo.
Secondo la rilevazione di Maariv, il 47% degli israeliani ritiene che il piano di Trump possa essere attuato, mentre il 38% lo considera irrealistico e il 15% è incerto. Tra gli elettori di destra, il 78% sostiene la proposta di trasferire i palestinesi da Gaza.
Fonti israeliane vicine ai negoziati tra Gerusalemme e Hamas hanno espresso ai media locali il timoreche il progetto del presidente americano possa complicare le nuove trattative tra le parti. Lo sguardo d’Israele, al momento, è rivolto più vicino: a sabato, quando tre ostaggi dovrebbero essere liberati nel rispetto della prima fase dell’intesa. Venerdì, tuttavia, Hamas ha ritardato di fornire i nomi degli ostaggi in via di liberazione accusando Israele di non aver inviato il volume pattuito di aiuti umanitari.
Anche l’esercito ha espresso preoccupazione per i possibili effetti della dichiarazione di Trump sulla stabilità dell’area. Shlomi Binder, direttore dell’intelligence militare delle Israel Defense Forces (Idf), ha sottolineato che l’avvicinarsi dell’inizio del Ramadan (28 febbraio) potrebbe coincidere con nuove violenze in Cisgiordania, alimentate dalla situazione a Gaza.
Binder, criticato dal ministro della Difesa Israel Katz, ha chiarito che la sua valutazione non è di natura politica, ma strettamente legata alla sicurezza.
«Ho parlato con il ministro della Difesa e ho precisato che non mi sono espresso contro il piano di Trump. Le Idf, e quindi anche io, sono subordinate ai vertici politici e ne seguiranno le istruzioni», ha dichiarato Binder in un comunicato diffuso dall’esercito.
«Nel mio ruolo, ho presentato le possibili implicazioni del discorso (del presidente degli Stati Uniti), illustrando il punto di vista del nemico e fornendo raccomandazioni per le conseguenti operazioni offensive», ha concluso il direttore dell’intelligence militare.