ROMA – Il Congresso di Sinistra per Israele: Due popoli, due stati è la strada
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«Questo è un congresso politico di un movimento politico. Non è un convegno, non è uno scambio di idee, è un luogo dove ci sono persone che prendono una posizione».
Così l’ex parlamentare del Pd Emanuele Fiano, appena confermato alla guida di Sinistra per Israele, nell’aprire i lavori del Congresso nazionale dell’associazione.
Oltre duecento i partecipanti riuniti a Roma per vagliare «tesi politiche a volte scomode», ma «necessarie per definire un’identità». Nella dichiarazione finale approvata dai congressisti è stata rilanciata la prospettiva dei due popoli, due stati attraverso l’approvazione di “dieci tesi” e “cinque compiti” da svolgere per avvicinarla. Tra i presupposti «indiscutibili» votati dal Congresso il diritto alla sicurezza d’Israele. È stata inoltre ribadita la «dignità» del sionismo storico ed è stato sottolineato come la causa palestinese non possa essere difesa dal terrorismo.
Durante le due giornate di lavori vari relatori si sono succeduti sul palco, esprimendo una loro visione sul Medio Oriente. Sono intervenuti a distanza, tra gli altri, il leader della sinistra israeliana Yair Golan e il rappresentante dell’Autorità nazionale palestinese al Consiglio d’Europa Bernard Sabella. «Sia israeliani sia palestinesi stanno vivendo un trauma che può condizionare il nostro futuro. Dobbiamo evitare che la guerra si estenda da Gaza alla West Bank», ha dichiarato Sabella. «In tempo di crisi dobbiamo pensare diversamente. Imparare le lezioni del passato, capire cosa andava bene e cosa invece no», ha affermato Golan, definendo la soluzione due popoli, due stati «la migliore soluzione» in campo.
In apertura di lavori è stato letto un messaggio dell’ambasciatore israeliano in Italia Jonathan Peled. «Come la storia di Israele ha dimostrato, la nostra intenzione è quella di vivere in pace con i nostri vicini. Per questo ci siamo ritirati dal Sinai, per arrivare alla pace con l’Egitto; per questo abbiamo firmato la pace con la Giordania; per questo abbiamo fortemente sostenuto gli Accordi di Abramo», ha scritto il diplomatico. «Oggi aspettiamo con ansia che questi accordi si allarghino all’Arabia Saudita».