ISRAELE – L’ostaggio Shlomo Mansour assassinato il 7 ottobre

Shlomo Mansour era sopravvissuto al pogrom di Baghdad del 1941. Con la famiglia pochi anni dopo era riuscito a fuggire dall’Iraq e trovare rifugio in Israele. Non immaginava di cadere vittima di un’altra strage antisemita: il 7 ottobre Shlomo Mansour, 86 anni, è stato assassinato da Hamas e la sua salma è stata presa in ostaggio dai terroristi palestinesi. 494 giorni dopo l’esercito ne ha dato conferma alla famiglia e al kibbutz Kissufim, di cui Shlomo era uno dei fondatori. «Questo è uno dei giorni più difficili nella storia del nostro kibbutz. Shlomo era molto più di un membro della comunità per noi: era un padre, un nonno, un vero amico e il cuore pulsante di Kissufim», si legge nel comunicato del kibbutz.
Il nome di Mansour è parte della lista dei 33 ostaggi da liberare nella prima fase dell’accordo tra Israele e Hamas. Un elenco di cui si conoscono i nomi, ma non le condizioni. Si sapeva solo che otto dei rapiti non sono più in vita. Uno di loro, ha scoperto oggi la famiglia, è Mansour, il più anziano dei 76 ostaggi ancora in mano ai terroristi. «Fa male a me, fa male alla famiglia. Il nostro fratello maggiore non c’è più, non aveva mai fatto niente di male a nessuno. Era il nonno migliore, il padre migliore. Avevo grandi aspettative che sarebbe finita diversamente, che sarebbe successo qualcosa di buono. Non riesco a smettere di piangere», ha raccontato a ynet il fratello di Shlomo, Moshe Mansour.
La famiglia aveva ricevuto la notizia del suo rapimento la sera del 7 ottobre, durante la festa di Simchat Torah. «Siamo religiosi, quindi quel giorno non abbiamo acceso la radio. Solo di notte abbiamo saputo che poteva essere tra i rapiti, e al mattino ce l’hanno confermato», ha raccontato all’emittente Kan la nuora Hanna Mansour . «Da quel momento in poi, il buio è caduto su di noi. Speravamo che forse, dopo tutto, dato che è una persona gentile e sa parlare e leggere l’arabo, lo avrebbero rilasciato».
Nato nel 1939 a Baghdad, Mansour aveva solo due anni quando nel giugno del 1941 nella capitale irachena si scatenò l’inferno: centinaia di rivoltosi, istigati dal regime filo-nazista di Abd al-Ilah, massacrarono 175 ebrei, ne ferirono un migliaio, violentarono decine di donne, distrussero case. Due giorni di pogrom noti con il termine Farhud. La famiglia Mansour sopravvisse all’eccidio e nel 1951 riuscì a fuggire in Israele. Shlomo aveva 13 anni e tre anni dopo diventò uno dei fondatori del kibbutz Kissufim. «Il suo sorriso, la sua modestia e il suo calore umano erano fonte di ispirazione per tutti noi», ricordano oggi i membri del kibbutz. «Abbiamo il cuore spezzato per non essere riusciti a riportarlo a casa in vita. L’intera comunità piange la sua perdita ed è unita nel dolore e nella sofferenza».
Il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu ha espresso il proprio cordoglio alla famiglia. «Non ci fermeremo e non resteremo in silenzio finché Mansour non sarà riportato in Israele per la sepoltura. Continueremo ad agire con determinazione finché non restituiremo tutti gli ostaggi, vivi e morti», ha aggiunto Netanyahu. L’intesa con Hamas è a rischio dopo l’annuncio del gruppo terroristico di uno stop al rilascio previsto per sabato di tre ostaggi israeliani.