LA POLEMICA – Di lettere e di cantonate
Se una notte d’inverno un viaggiatore, racconta Italo Calvino, ricevesse un messaggio? Direi che, se io fossi quel viaggiatore, tenterei di identificare l’origine geografica. A chi rivolgermi se non ad Antoine de Saint–Exupéry? Frugherei fra le pagine di Volo di Notte: «Un’ora dopo, il radiotelegrafista del corriere di Patagonia si sentì sollevar dolcemente, come da una spalla. Guardò intorno a sé: nubi pesanti spegnevano le stelle. Si curvò verso la terra: cercava le luci dei villaggi, simili a quelle delle lucciole nascoste nell’erba, ma nulla brillava in quell’erba nera». Eppure, fra quel nero impenetrabile, mi sarei fatto aiutare da un felino abissino il quale, sfogliando le pagine con le sue zampette, si bloccherebbe sull’inquietante passaggio calviniano che recita: «L’oggetto racchiudeva un messaggio per me, e dovevo decifrarlo: l’ancora, un’esortazione a fissarmi, ad aggrapparmi, a dar fondo, ponendo fine al mio stato fluttuante, al mio tenermi alla superficie. Ma questa interpretazione poteva lasciar adito a dubbi: poteva essere pure un invito a salpare, a buttarmi verso il largo». Fra i due scrittori c’era poco in comune, se non le mogli sudamericane, la salvadoregna Consuelo Suncín Sandoval, per Saint-Exupéry, e l’ebrea argentina Esther Judith Singer per Calvino.
Però, basta digressioni. L’origine della missiva pervenutami l’ho ricavata dall’annullo postale; trattavasi dell’isola Parininha, un dominio dell’Iberia, dall’appartenenza involuta, al pari – per dire – delle Isole Falkland/Malvinas, che a quanto mi spiega al telefono una mia cuginastra, agisce nell’ombra per ottenere l’indipendenza l’anno venturo. L’intestazione è un po’ beffarda perché, accanto al mio nome e indirizzo, trovo una sorta di sottotitolo: «All’amante dei paradossi».
Alle corte: la lettera è scritta in una microlingua non molto diffusa ma, per mia fortuna, accessibile attraverso google translator, e così dice: «In un nostro liceo, che si trova seguendo il nord da nord ovest, un volantino di uno studente che non aveva mai voluto rivelare il suo nome, asseriva che il 15 maggio 1948, avrebbe avuto luogo la prima invasione dei territori palestinesi da parte di Israele, quale reazione alla “risposta” della popolazione locale all’insediamento dello Stato ebraico» e mi si chiedeva quale fosse la risposta in questione. Frugando nel mio scarno bagaglio culturale, onde sceverare quel qualcosa che somigliava a un conundrum, ricordai che spesso gli ebrei rispondiamo alle domande con un’altra domanda: «Di quale risposta si tratta?» azzardai nella mia replica. Se si fosse trattato di una risposta verbale, sarebbe stata cattiva educazione rispondere a una parola con un fatto, se invece ciò che viene detto “risposta” fosse stata un’azione non amichevole svoltasi in territorio ebraico, la situazione sarebbe stata diversa. Quanto alla data – il 15 maggio 1948 – vidi che coincideva con un cablogramma del Segretario Generale della Lega degli Stati Arabi al Segretario generale dell’Onu, dove si ribadiva la contrarietà della Lega Araba alla Risoluzione 181/1947 dell’Onu che sanciva la creazione di due Stati, uno ebraico e uno arabo e si diceva che «gli Stati Arabi si trovano costretti a intervenire in Palestina soltanto per aiutare i suoi abitanti a ripristinare la legge e l’ordine e le regole di giustizia e giuridiche e per evitare ulteriori spargimenti di sangue». Sennonché, tanti anni dopo, e precisamente il 28 ottobre 2011, il Presidente palestinese, Mahmoud Abbas, pentito, dichiarò che i palestinesi sbagliarono a non accettare la risoluzione Onu di partizione del 29 novembre 1947.
Nella lettera, soggiunsi che «al posto vostro, non lascerei gli studenti in balìa di se stessi, ma farei una bella lezione, ricorrendo al metodo storico di Marc Blochperché, trattandosi di fatti storici, andrebbero spiegati dai professori, onde evitare malintesi».
Mi son messo però a sfogliare ancora Delitto e Castigo, di Fedor Dostoevskij, perché sapevo che sulla figura di Porfirij Petrovic i due ebrei Richard Levinson e William Link, avevano costruito la figura del tenente Colombo, impersonato da un terzo ebreo, Peter Falk. Nulla di nuovo: Paolo Villaggio trasse la figura del ragioniere Ugo Fantozzi da Memorie del sottosuolo, sempre di Dostoevskij. In Delitto e Castigo, non a caso di dice che «Porfirij non lascia trapelare ciò che pensa davvero, però li sta interrogando?» Il tormentone – chiave di volta di Colombo: «Just one more little thing..there is something I don’t quite understand» (tradotto come «Un’ultima domanda … c’è qualcosa che non capisco»). Ecco, in questo caso si tratterebbe di capire: dal testo del volantino si potrebbe evincere una delegittimazione di Israele nella Giornata della Memoria oppure no? Ci sarebbero altre domande, però per ora mi basterebbe che mi si rispondesse a questa; nella vita ho preso qualche cantonata, è questo il caso?
Emanuele Calò