LIBRI – Israele tra verità e distorsioni, la testimonianza di Dardani
Nella postfazione Elio Tesciuba annota: «Israele è una terra che ti entra dentro e ti cambia, che stimola il confronto con le proprie convinzioni e i propri pregiudizi». Per poi aggiungere: «È un paese che ci invita a pensare, a mettere in discussione, a cercare la verità oltre le apparenze». Una ricerca che per il giornalista Bruno Dardani, per oltre vent’anni inviato speciale de Il Sole 24 Ore, anche in Medio Oriente, ha trovato una sintesi nel libro Noi, che la morte l’abbiamo già uccisa. Verità e distorsioni su Israele da poco in distribuzione con l’editore Guerini e Associati.
Il titolo è lo stesso del quarto capitolo del libro, uno dei più intensi, che racconta di un incontro avvenuto a Eilat oltre trent’anni fa. È la cena di Capodanno del 1993, una cena piuttosto ordinaria, fin quando un gruppo di ottantenni invita l’autore e sua moglie a unirsi a loro. Tra piatti di hummus e tahina, tra verdure fresche e falafel, gli anziani commensali invece di guardare con rimpianto al passato, lamentandosi di quel che è stato e non tornerà, impostano progetti rivolti al futuro. Chi programma di andare in India insieme ai nipoti, chi di accompagnare la famiglia in Canada per assistere alla nascita dei cuccioli di orso. Una fioritura di idee che impressiona la coppia. «La morte l’abbiamo già uccisa», sentenzia a quel punto un uomo di nome Sam, un sopravvissuto alla Shoah che mostra loro il tatuaggio marchiato dai nazisti.
Il libro di Dardani è un contributo prezioso per cogliere pulviscoli vitali dell’anima di Israele, prima e dopo il 7 ottobre. Da Gerusalemme al Negev, dall’eco millenaria di Masada “che mai più cadrà” alla particolarità del vocabolo Shalom. Molto più, si legge, di un semplice saluto. Dardani parla anche di una sua visita a Gaza negli anni Novanta. «Nelle strade polverose le pattuglie della polizia palestinese infieriscono su ragazzi spesso senza motivo apparente, solo per attestare e ribadire il potere della divisa e del manganello che utilizzano senza soluzione di continuità. E Hamas non governa ancora», scrive. «Dal calcio le domande del mio improvvisato autista si spostano all’Occidente. Nessun rancore nelle sue parole ma solo la speranza di trovare una via d’uscita verso un mondo che non sia grondante solo di odio». Una speranza sempre attuale, esplicitata all’interno di un libro che spicca per originalità tra i tanti pubblicati sul tema dopo il 7 ottobre. «Tutti oggi parlano di isolamento cocciuto e testardo di Israele rispetto alla comunità internazionale, di una reazione eccessiva e spropositata, del riemergere del vecchio vizio del popolo del libro di autoisolarsi cercando di nascondere in una voluta emarginazione le sue colpe», sottolinea il giornalista Nicola Porro nella prefazione. «Ed è proprio questo vaso di Pandora colmo di preconcetti che questo libro prende letteralmente a martellate».
(Noi, che la morte l’abbiamo già uccisa. Verità e distorsioni su Israele sarà presentato martedì 11 febbraio alle 18.30 al Centro Ebraico Il Pitigliani di Roma, su iniziativa del Pitigliani stesso, della Comunità ebraica di Roma e dell’associazione Setteottobre)
a.s.