TU BISHVAT – Il capodanno degli alberi

La Mishnà indica che si celebrino nell’anno ebraico quattro “Capodanni”. Tra questi Tu Bishvat, dove il termine “Tu” indica il 15 del mese di Shevat. La ricorrenza è anche chiamata Rosh Hashanà Laylanot (Capodanno degli Alberi) ed è collegata con l’obbligo di consacrare le decime di vari prodotti agricoli, tra i quali i frutti dell’albero. La norma stabilisce che i frutti dell’albero da offrire a titolo di decima rientrino in quelli dello stesso anno che inizia, a questi effetti, il 15 di Shevat. Quelli maturati dopo vengono conteggiati nell’anno successivo. Si tratta dunque di una ricorrenza legata ai prodotti dei campi, nella quale è uso cibarsi di frutti di varie specie e specialmente di quelli coltivati in terra di Israele: grano, orzo, olive, melograni, datteri, uva e fichi.
Negli ultimi decenni in molte Comunità italiane è stato introdotto l’uso di celebrare il Tikun di Tu Bishvat, che trae origine dalla tradizione cabalistica risalente al sec. XVI. Questo cerimoniale è anche noto come seder, in analogia con il seder di Pesach, e consiste nella lettura di alcuni passi biblici e talmudici inerenti all’albero, intercalata dal sorseggiare di quattro bicchieri di vino per sottolineare il rapporto tra la rievocazione dell’uscita dall’Egitto e la ripresa della natura dopo i rigori invernali. Si segue generalmente il cerimoniale inserito nel testo Chemdat iamim “La delizia dei giorni”, composto a Gerusalemme nel XVIII secolo e pubblicato a Livorno nel 1828. Gustare i frutti dell’albero è anche una forma di tikun, una riparazione alla trasgressione di Adamo ed Eva, al divieto di cibarsi del frutto proibito. È noto come nella tradizione venga attribuito un particolare significato all’albero. Ai primordi della Creazione è stato l’Eterno a piantare i primi alberi. Nel Deuteronomio viene riportata l’espressione: “L’uomo è come l’albero del campo” (Devarim 20,19). L’uomo ha una colonna vertebrale simile al fusto dell’albero e tende verso l’alto. Il Talmud sostiene: “Diceva Johanan Ben Zaccai”, saggio vissuto nel primo secolo e.v., “se stai piantando un albero e ti annunciano che sta giungendo il Messia, prima porta a termine la messa a dimora e poi vai ad accogliere il Messia”.
La Kabalà sottolinea spesso che esiste un rapporto speciale tra l’uomo primordiale (Adam kadmon) e il Ma’ase Bershit, l’Opera della Creazione. Possiamo intravvedere un significato allegorico tra ogni singolo frutto e la realtà che ci circonda. Nel cibarsi consapevolmente di un frutto e osservando la Torà si possono liberare le scintille divine imprigionate nella “corteccia”.
Sono questi alcuni degli insegnamenti che possiamo trarre dalla ricorrenza di Tu Bishvat: il ringraziamento all’Eterno per aver creato frutti che si prestano a più significati; il legame indissolubile con la terra di Israele, la necessità di essere sempre proiettati verso l’alto nella ricerca di migliorare se stessi e infine l’amore e il rispetto dovuti alla natura. Valgono le parole del profeta Amos: “Ecco, vengono i giorni, dice l’Eterno, quando l’aratore raggiungerà il mietitore…, quando i monti stilleranno il mosto. Ecco trarrò dall’esilio il popolo d’Israele. Riedificheranno le città ora desolate e le abiteranno. Pianteranno vigne e ne berranno il vino, faranno giardini e ne mangeranno i frutti. Li pianterò sulla loro terra e non saranno mai più allontanati dalla loro terra che ho dato loro, dice l’Eterno tuo D.” (Amos 9,13 e segg.).
Rav Luciano Meir Caro
(Foto: Olga Mukashev)