ISRAELE – L’attesa per la liberazione di tre ostaggi
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Israele aspetta di riabbracciare Sasha Trufanov, 29 anni, Sagui Dekel-Chen, 36, e Yair Horn, 46. Sono loro i tre ostaggi di cui è prevista sabato la liberazione da Gaza. Un paese intero li aspetta, teme per le loro condizioni dopo quasi 500 giorni di prigionia, e spera di non rivedere il circo mediatico inscenato da Hamas a ogni rilascio. Quella di Trufanov, Dekel-Chen e Horn sarebbe la sesta liberazione di ostaggi dall’inizio della tregua il 19 gennaio scorso. Il tentativo di Hamas di forzare la mano di Israele ha rischiato in settimana di far saltare tutto. Poi il gruppo terroristico è tornato sui suoi passi, ma l’intesa fra le parti rimane fragile. Le famiglie dei rapiti chiedono al governo del primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu di impegnarsi a proseguire la tregua e portarla avanti nelle sue altre due fasi, fino alla liberazione di tutti i 76 ostaggi in mano a Hamas. 73 nel caso in cui Trufanov, Dekel-Chen e Horn siano liberati. Tutti e tre il 7 ottobre sono stati sequestrati dal kibbutz Nir Oz.
Trufanov, Dekel-Chen e Horn
Trufanov è stato rapito insieme alla sua compagna Sapir Cohen. Il padre, Vitali, è stato assassinato, mentre la madre e la nonna sono state catturate e portate a Gaza, per poi essere liberate il 29 novembre 2023, assieme alla compagna. Sasha è prigioniero da 498 giorni e ha trascorso due compleanni con i suoi aguzzini.
Dekel-Chen, 36 anni, è stato rapito mentre cercava di proteggere la moglie Avital e le due figlie, Bar e Gali, sopravvissute all’attacco. Durante la sua prigionia è nata la sua terza figlia, Shahar Mazal, che domani dovrebbe poter conoscere per la prima volta.
Horn, 46 anni, è stato rapito insieme al fratello Eitan. Per settimane, la loro famiglia non ha avuto informazioni sul loro destino, fino a quando alcuni ostaggi liberati hanno confermato che erano vivi. Da allora, però, sui fratelli Horn è caduto di nuovo il silenzio. Il padre, Yitzhak, ha lanciato appelli disperati, ricordando come la sua famiglia fosse emigrata dall’Argentina per cercare sicurezza in Israele. «Non sono venuto qui per vedere i miei figli rapiti e Israele restare a guardare», ha dichiarato in un’intervista a Kan.
A chiedere alla cittadinanza di continuare a lottare per la liberazione di tutti gli ostaggi è stato Or Levy, tornato a casa in Israele dopo quindici mesi di prigionia a Gaza. «È passata una settimana, una settimana da quando sono rinato», ha affermato Levy in visita alla piazza di Tel Aviv dedicata agli ostaggi. «Sto cercando di elaborare ciò che è accaduto durante i 491 giorni persi, cercando di capire cosa è successo nel nostro paese durante quel periodo». Nei lunghi mesi del suo sequestro non ha nessuna informazione sulla moglie Eynav. Ha scoperto del suo assassinio solo il giorno della sua liberazione. «Quando sono tornato ho ricevuto la notizia devastante. Mentre ero lì (a Gaza) le promettevo ogni giorno che sarei rimasto forte per lei e per il dono più grande che mi ha fatto nella vita: Mogi», ha affermato Levy, riferendosi al loro figlio di tre anni, Almog. Oltre a prendersi cura di lui, ha aggiunto, si impegnerà per far tornare tutti gli ostaggi a casa. «Potrò anche essere qui, ma ho ancora molti fratelli e sorelle nell’inferno di Gaza, e il loro tempo sta per scadere».