MEDIO ORIENTE – Due ambasciatori interpretano il piano Trump per Gaza

Il presidente degli Stati Uniti Donald Trump ha proposto un piano di trasformazione della Striscia di Gaza che porterebbe l’area a diventare una sorta di “Riviera del Medio Oriente”, grazie a un intervento di riqualificazione statunitense. Sebbene l’idea sembri irrealizzabile e sollevi numerose questioni sia legali che morali, alcuni analisti hanno suggerito di considerarne le implicazioni seriamente, e non invece di concentrarsi esclusivamente sulla fattibilità del progetto. L’idea di prendere Trump «seriamente, ma non letteralmente», introdotto nel 2016 dai commentatori Salena Zito e Brad Todd, punta proprio a questo: mentre i media tendono a focalizzarsi sulle dichiarazioni di Trump in senso letterale i suoi sostenitori ne colgono il messaggio più ampio e le intenzioni sottostanti. A quelle bisogna guardare. Applicando questo approccio al piano su Gaza sia Daniel Shapiro, ambasciatore degli Stati Uniti in Israele durante l’amministrazione Obama, sia Michael Oren, ex ambasciatore israeliano a Washington, hanno offerto le loro prospettive. Scrive Jodi Rudoren sul Forward che – per Oren –Trump sta aprendo il percorso a diverse delle parti coinvolte, in modo che possano abbandonare le proprie posizioni, considerate troppo rigide. Qualcosa che potrebbe significare, per i sauditi: «Non invaderò la Striscia di Gaza ma dovete rinunciare alla vostra richiesta di uno stato palestinese». Oppure, nel caso di Hamas: «Non trasferirò tutta la popolazione di Gaza, ma dovete rinunciare al controllo del territorio». Ragionare così trasforma l’idea della trasformazione in uno strumento di negoziazione: concessioni simboliche in cambio di compromessi concreti. Per Shapiro è necessario riconoscere che molte delle strategie tradizionali hanno fallito ed è necessario un nuovo approccio: «È evidente, molte delle vecchie idee hanno fallito e non sembrano andare da nessuna parte, continuare a ripeterle non ha senso, non porta a nulla». Sebbene il piano di Trump possa sembrare irrealistico, secondo Shapiro potrebbe stimolare un ripensamento delle strategie esistenti e incoraggiare soluzioni innovative al conflitto israelo-palestinese. Mentre è evidente che la proposta di Trump di trasformare Gaza nella “Riviera del Medio Oriente” appare impraticabile se presa letteralmente, potrebbe in effetti servire come catalizzatore per rinegoziare dinamiche consolidate e promuovere nuovi approcci nella politica mediorientale. E analisti di tutto rispetto come Oren e Shapiro suggeriscono che, al di là della fattibilità del piano, è importante cogliere le opportunità strategiche che esso potrebbe offrire per superare impasse storiche e avvicinarsi a una soluzione sostenibile.