ARGENTINA – Milei annuncia apertura archivi su complicità con nazisti

Adolf Eichmann e Josef Mengele sono i nomi più noti di un vasto e assortito gruppo di criminali in fuga dalle loro responsabilità. Certo non gli unici esponenti del nazismo a trovare rifugio in Argentina alla fine del secondo conflitto mondiale, aiutati a nascondersi dalle autorità locali e poi a rifarsi una vita, magari con un’identità nuova di zecca. Si parla di varie migliaia di persone in tutto e forse in futuro si saprà qualcosa di più su questa oscura rete di complicità sull’asse Berlino-Buenos Aires. È la promessa del presidente argentino Javier Milei, che durante un incontro alla Casa Rosada con una delegazione del Simon Wiesenthal Center ha annunciato l’intenzione di aprire archivi mai visitati dagli storici e aiutare così gli addetti ai lavori a far luce sulle cosiddette “vie dei topi” che dall’Europa si conclusero in un gran numero di casi nel suo paese.
Come noto, soltanto l’intervento del Mossad assicurò nel 1960 Eichmann alla giustizia. Mentre molti altri anni ancora sarebbero stati necessari per far sì che anche Erich Priebke, il boia delle Fosse Ardeatine, che riteneva ormai di averla fatta franca, andasse incontro alla sentenza di un tribunale. Decisivo nel suo caso fu l’apporto di un’ebrea romana, Giulia Spizzichino, che all’inizio degli anni Novanta volò fino in Argentina.
L’annuncio di Milei è stato salutato con soddisfazione dai rappresentanti dell’istituzione dedicata al celebre cacciatore di nazisti. Lo riporta il Times of Israel. La testata israeliana segnala in particolare il plauso del rabbino Abraham Cooper, il direttore del Simon Wiesenthal Center, secondo il quale l’apertura di questo “armadio della vergogna” argentino permetterà di «scoprire pezzi importanti del puzzle storico».
Bene che le autorità sudamericane «facciano luce sul loro passato: un passato ambiguo, per usare un eufemismo», commenta parlando con Pagine Ebraiche lo studioso Marcello Pezzetti. In questi mesi alla Fondazione Museo della Shoah è esposta la mostra “La fine dei lager nazisti” curata proprio da Pezzetti.
A suo dire l’iniziativa di Milei non sarà sufficiente per ricostruire un quadro complessivo della situazione e delle sue zone d’ombra «perché manca l’altra parte: chi quei criminali ce li mandava lì». E cioè, accusa, «il Vaticano». C’è un vaso di Pandora da scoperchiare al riguardo, sostiene Pezzetti. E per ottenere un risultato «sarà bene che dal Vaticano, invece di fare tanti proclami su Pio XII, vengano avviate delle indagini rigorose su quel periodo storico, su chi i nazisti ce li ha fatti scappare e su chi li ha ricevuti a destinazione; altrimenti conosceremo solo un pezzo della storia».
Pagine Ebraiche ha raggiunto anche il giornalista argentino Juan Francisco Dillon, di Radio Mitre, molto attento alle vicende politiche locali. La decisione di Milei, sostiene, è da comprendere nel posizionamento operato dallo stesso in politica estera. Due gli “assi” dell’agire di Milei, sottolinea Dillon: da una parte gli Usa, dall’altra Israele.

Adam Smulevich