ROMA – Il raccoglimento per i Bibas nel cortile della scuola

In contemporanea con l’inizio dei funerali dei Bibas in Israele la Comunità ebraica di Roma ha organizzato un momento di riflessione nel cortile della sua scuola, alla presenza degli studenti. Nel corso della cerimonia sono stati letti alcuni salmi ed è stato ascoltato il suono dello shofar.
«La nostra è una Comunità che sul tema dei bambini vittima ha un’esperienza diretta», ha dichiarato rav Benedetto Carucci Viterbi, il preside del liceo ebraico, ricordando come proprio i bambini furono i primi bersagli dei terroristi palestinesi che colpirono la folla in uscita dal Tempio Maggiore il 9 ottobre 1982 e nell’occasione uccisero il piccolo Stefano Gaj Taché, di due anni appena.
I bambini vanno pianti tutti, ha proseguito il rav, ma nel caso dei Bibas «va fatta una distinzione chiara e netta, come già ha spiegato Bernard-Henri Lévy: c’è una grande differenza tra la morte in condizione di belligeranza, ahimè prevedibile, specie se si usano i bambini come scudi umani», e la decisione di «rapire i bambini, usarli come strumento di trattativa e poi ucciderli a mani nude». L’effetto è lo stesso, il dramma della morte, «ma il modo in cui si fa morire è incredibilmente diverso». Questo, ha concluso il rav, «è il dramma spaventoso davanti al quale ci troviamo».
Prima di ascoltare lo shofar, suonato dal rabbino Roberto Colombo, il presidente della Comunità ebraica Victor Fadlun aveva posto l’accento su un punto: «Hamas vuole toglierci la speranza, perché i bambini sono la nostra speranza». Ma, ha aggiunto, non otterranno il loro scopo.