ROMA – La Polizia rende omaggio alle vittime dei lager
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Sessanta agenti della Polizia di Stato, accompagnati dai dirigenti Ivano Gabrielli e Alessandra Belardini hanno visitato la mostra “La fine dei lager nazisti” alla Fondazione del Museo della Shoah a Roma.
Curata da Marcello Pezzetti, e inaugurata in occasione dell’ottantesimo anniversario della liberazione del campo di sterminio di Auschwitz, la mostra esplora ciò che le truppe alleate trovarono al loro ingresso nei campi della morte, attraverso un’ampia selezione di fotografie, filmati d’epoca, mappe geografiche, documenti ufficiali e testimonianze dirette.
Ha portato il saluto dell’UCEI l’assessore alla Comunicazione Davide Jona Falco, sottolineando «il profondo e collaborativo» rapporto instaurato con la Polizia di Stato, intensificatosi negli ultimi mesi con la partecipazione di una significativa rappresentanza al Viaggio della Memoria ad Auschwitz in occasione del Giorno della Memoria. Jona Falco ha ricordato la presenza ebraica nel tessuto sociale italiano, e romano in particolare. Il quartiere ebraico, con le sue botteghe caratteristiche, la sua cucina e la sua cultura, è testimonianza diretta della commistione che da secoli lega gli ebrei a Roma.
Sulla stessa scia Gabrielli, direttore del servizio di polizia postale e delle comunicazioni, ha menzionato il profondo e storico rapporto che lo lega alla Comunità ebraica: «Quando entrai in Polizia nella lezione di antiterrorismo il dirigente di allora Franco Gabrielli chiedeva ‘Voi sapete chi è Stefano Gaj Taché?’». Allora quasi nessuno degli allievi della Scuola di Polizia lo sapeva, ma questo rapporto, approfondito negli anni, «trae anche ispirazione e spunto dalle parole pronunciate da Papa Giovanni Paolo II, quando definì fratelli maggiori gli appartenenti alla Comunità ebraica» parole che, come religioso fervente, Gabrielli sente profondamente proprie.
Alessandra Belardini ha parlato dello stretto legame creatosi fra il Centro Operativo di Sicurezza Cibernetica della Polizia Postale e il Coordinamento Nazionale di Sicurezza dell’UCEI diretto dal responsabile Gianni Zarfati. Belardini ha poi ricordato con emozione la recente visita nel campo di sterminio di Auschwitz-Birkenau in occasione del Viaggio della Memoria assieme al ministro dell’Istruzione Giuseppe Valditara: «La guida che ci ha accompagnato ci ha detto di non guardarci soltanto intorno, ma di portare indietro con noi un nome e io l’ho fatto…alcuni di noi se lo sono anche scritto».
Il presidente della Fondazione, Mario Venezia, ha quindi osservato come in anni recenti si sia sviluppata la tendenza a mostrare immagini dei campi di sterminio piuttosto crude e dirette per documentare in maniera inequivocabile l’orrore e come, proprio per questo, sia necessario fare attenzione all’uso della parola genocidio. Quindi ha indicato una foto che raffigura la liberazione di alcuni prigionieri, trattati come schiavi, ben dopo l’apertura del campo di Auschwitz: «Fra questi – ha detto – c’era mio padre, Shlomo Venezia».
l.e.