MILANO – La Rassegna Mensile di Israel ricorda rav Laras

Rav Giuseppe Laras (1935-2017) è stato un punto di riferimento per il rabbinato italiano, capace di unire una profonda conoscenza dottrinale a un impegno attivo nella comunità. Sopravvissuto alla Shoah, ha dedicato la sua vita alla ricostruzione dell’ebraismo italiano, promuovendo il dialogo interreligioso e la modernizzazione degli studi rabbinici. Aspetti ricordati nel numero appena pubblicato della Rassegna Mensile di Israel, dedicato a rav Laras z.l.. Curato da Gianfranco Di Segni, Angelo Piattelli e Amedeo Spagnoletto, il volume sarà presentato domenica 9 marzo alle 11.00 nella sinagoga centrale di Milano. Un modo per commemorare Laras, che di Milano è stato a lungo rabbino capo.

L’impronta sul Collegio rabbinico
Attraverso gli interventi della figlia Yardena, degli amici, colleghi e allievi come rav David Sciunnach e Roberto Della Rocca, dalle pagine della emerge la complessa storia biografica e di studioso di Laras. «Pur con gli spettri del passato sempre presenti, ho goduto della bellezza intensa della vita familiare, con alti e bassi, con angosce e speranze, con entusiasmi e amarezze, come chiunque […]. La mia speranza sono i miei figli, i loro figli e i figli dei loro figli. La mia speranza sono i miei allievi, gli allievi dei miei allievi, chi insegna e chi apprende la Torah», scriveva Laras in un articolo uscito su Avvenire il 16 novembre 2017, il giorno dopo la sua morte.
Per 25 anni rabbino capo di Milano, presidente emerito dell’Assemblea rabbinica italiana, autore di molti saggi, Laras, spiegano i curatori, ha lasciato un’impronta indelebile sull’ebraismo italiano. «Ha dato un apporto rivoluzionario alla direzione del Collegio rabbinico di Roma», sottolinea rav Gianfranco Di Segni. «Portò dei giovani rabbini di Israele dell’istituto Eretz Hemdah che a turno tenevano corsi di halakha al corso superiore e questo ha notevolmente innalzato il livello degli studi». Ancora oggi, spiega Di Segni, si vede l’impatto positivo di quella scelta. «I suoi quattro anni di direzione, dal 1995 al 1999, hanno “rivoltato” positivamente il collegio rabbinico». Ma fu anche «un apripista negli studi di Maimonide in Italia». Il primo, prosegue Di Segni, «a pubblicare in italiano sul Rambam», a cui sono dedicati diversi approfondimenti nella Rassegna Mensile di Israel.
Il volume si apre, dopo l’introduzione dei curatori, con un intervento della figlia Yardena, che ricorda l’abilità del padre «nel costruire ponti tra mondi in apparenza inconciliabili». Una capacità che «svela uno spirito poliedrico e una connessione con qualcosa di più grande di sé. Era un uomo solitario, empatico e carismatico, quando parlava riusciva ad affascinare tutti».

La Shoah
Nella vita di Laras, come racconta lui stesso in un’intervista alla storica Liliana Picciotto presente nella Rassegna, fu segnata per sempre dalla Shoah. La madre, Gina Sbrana, e la nonna, Nella Della Rocca, furono arrestate da due SS italiane in seguito a una delazione. Il piccolo Giuseppe, nove anni, era con loro, ma riuscì a divincolarsi dagli aguzzini e fuggire. «Ricordo l’ultimo rapido sguardo con mia mamma, che mai più rividi, e ricordo la corsa disperata, sconvolto, per trovare un luogo sicuro per nascondermi». La madre e la nonna saranno deportate e uccise a Ravensbrueck. «Era bella mia madre, era la mia mamma. Era bella la nostra famiglia, con l’enormità di vita che è dolcemente ascosa e sintetizzata dalla parola ‘famiglia’. Era bella la fanciullezza. Il due ottobre del 1944, a nove anni, persi tutto questo. Fu una perdita irreversibile», sottolineò il rav, che assieme al padre Guglielmo, partigiano, tornò a Torino alla fine della guerra e iniziò qui il suo percorso per diventare rabbino, come racconta l’amico di una vita, rav Luciano Caro.

L’impegno per salvaguardare l’ebraismo italiano
«Una delle prime immagini che ho di lui, avevo 13-14 anni, era della sua dedizione alla studio», ricorda Di Segni. «Lo vedo al tempio mentre è immerso nelle sue letture, senza chiacchierare con la gente o distrarsi». Descritto come un uomo timido, Laras ebbe un ruolo chiave nel salvaguardare l’unità dell’ebraismo italiano, scrive rav Roberto Della Rocca nel suo saggio. Da rabbino capo di Milano e da presidente dell’Assemblea rabbinica italiana si impegnò «a dialogare con la gente, rispondere alle domande e mantenere un’apertura mentale nell’applicazione della Halakhà con coscienza e intelligenza. Tuttavia, questo non significava necessariamente essere indulgente o amplificare ciò che la gente desiderava sentirsi dire. Insofferente al fanatismo e a una certa ipocrisia religiosa, ha spesso combattuto contro l’omologazione e la prevaricazione ideologica, mantenendo costantemente quell’equilibrio intellettuale che rifiuta ogni forma di sottomissione a logiche di schieramento o ricerche di consenso».
La Rassegna offre numerosi spunti, includendo testi firmati dallo stesso Laras e saggi su argomenti legati ai suoi studi. Una molteplicità di argomenti che rappresenta la complessità del rav e su cui si confronteranno domenica alla sinagoga di Milano amici, collaboratori e allievi, tra cui

Daniel Reichel