LA POLEMICA – Emanuele Calò: Un paragone impossibile
«Per quanto le vittime di Gaza siano un’enormità e i numeri della guerra in corso siano sconvolgenti (morti, feriti, scomparsi, sfollati interni, abitazioni distrutte) quelli legati alle efferatezze del nazismo erano decisamente maggiori. Basti solo pensare al massacro di Babij Jar, nei pressi di Kiev, del 29 – 30 settembre 1941, allorché nel giro di sole ventiquattro ore, vennero massacrate più di 33.000 persone con una sistematicità che non ha pari in nessun altro contesto… Si tratta dunque di due contesti imparagonabili, che non aiutano a comprendere le ragioni di quanto sta accadendo in Israele/Palestina, né a trovare una soluzione che possa passare dal cessate il fuoco ad una proposta negoziale» (Arturo Marzano, Questa terra è nostra da sempre – Israele e Palestina, Laterza, 2024, edizione digitale, p. 125).
I due contesti sono imparagonabili, secondo l’autore, ricorrendo a due termini chiave: a) maggiori, b) sistematicità. Sull’ultimo termine, estrapoliamo dalla Treccani questa accezione: «Di un’attività, o di una singola operazione, eseguita secondo un sistema, cioè seguendo ordinatamente certi criteri». Nel primo, vediamo un riferimento quantitativo, nel secondo, un utile riferimento.
Ai sensi dell’art. 8 dello Statuto di Roma, costituiscono crimini di guerra:
«iv) lanciare intenzionalmente attacchi nella consapevolezza che gli stessi avranno come conseguenza la perdita di vite umane tra la popolazione civile, lesioni a civili o danni a proprietà civili ovvero danni diffusi, duraturi e gravi all’ambiente naturale che siano manifestamente eccessivi rispetto all’insieme dei concreti e diretti vantaggi militari previsti;
v) attaccare o bombardare con qualsiasi mezzo, città, villaggi, abitazioni o costruzioni che non siano difesi, e che non costituiscano obiettivi militari;
Secondo l’Enciclopedia dell’Olocausto, «Tra il 29 e il 30 settembre 1941, le SS, le unità di polizia tedesche e i loro ausiliari, sotto la guida dei membri dell’unità Einsatzgruppe C, uccisero gran parte della popolazione ebraica rimasta a Kiev. Il massacro avvenne presso il fossato di Babyn Yar (a volte scritto anche “Babi Yar”), che all’epoca era situato appena fuori dalla città. Le vittime furono portate sul luogo, obbligate a spogliarsi e quindi costrette ad entrare nel fossato. Furono poi fucilate a piccoli gruppi dai membri del Sonderkommando 4a, un distaccamento speciale dell’unità Einsatzgruppe C comandato dall’ufficiale delle SS Standartenführer Paul Blobel. Secondo i rapporti inviati ai quartieri generali dell’Einsatzgruppen a Berlino, 33.771 ebrei furono massacrati durante questo periodo di due giorni» (questo massacro fu portato alla luce da una notissima poesia di Evgeni Evtushenko; vedi al riguardo Valerio Di Porto, Il coraggio di un poeta che portò alla luce il massacro di Babi Yar Moked/Pagine ebraiche, 29 settembre 2009).
Secondo la Convenzione del 1948 sul genocidio: «Nella presente Convenzione, per genocidio si intende ciascuno degli atti seguenti, commessi con l’intenzione di distruggere, in tutto o in parte, un gruppo nazionale, etnico, razziale o religiose, come tale: a) uccisione di membri del gruppo;»
Ne consegue che le azioni delle forze armate israeliane a Gaza non differiscono da quelle naziste per un criterio quantitativo, in tutto o in parte, bensì per la loro natura. Anche rastrellare poche persone (e non decine di migliaia) per ucciderle, in quanto appartenenti a un gruppo etnico, è una fattispecie ontologicamente irriducibile a quanto di terribile accade in una guerra.
Mi permetterei di suggerire rispettosamente all’ottimo Arturo Marzano, per una prossima edizione, di considerare questa mia modestissima proposta, ossia, laddove scrive che i contesti sono imparagonabili, di chiarire ulteriormente che la impossibilità della comparazione non riguarda il profilo quantitativo, né in tutto né in parte, bensì quello che inerisce alla loro natura. Anche il giusto richiamo alla sistematicità meriterebbe un rigo in più. I nazisti intendevano sterminare tutto il popolo ebraico mentre i morti di Gaza (anche uno solo sarebbe troppo, anche un solo ferito sarebbe troppo) riguardano una situazione di guerra, provocata dal sadico massacro del 7 ottobre. I nazisti inventarono di sana pianta un incidente a Gleiwitz, per giustificare l’invasione della Polonia. Hamas non ha ritenuto di prendersi il disturbo né di inventarsi un analogo episodio né di nascondere quanto compiuto, perché lo hanno addirittura ripreso con delle telecamere. Sapevano che, come disse perspicuamente Paolo Mieli, l’indignazione sarebbe durata poche ore.
Gli ebrei di Kiev non erano in guerra con i nazisti, mentre Hamas lo è, e questo è solo l’incipit della narrazione, perché altrimenti rischieremmo di paragonare le Fosse Ardeatine alla guerra partigiana. In quest’ultimo caso, non è necessario spiegarne il perché: siamo sicuri che in questo caso lo sia? Beninteso, non pretendo di avere ragione, sia per ragioni scientifiche, sia perché sopravvalutarsi è sia inelegante che sciocco, e non intendo farlo. Spero che i lettori (ammesso che io ne abbia uno) decidano se il mio impegno ermeneutico sia una colossale perdita di tempo, oppure se possa avere una sua dignità. Fosse per me, consiglierei ai giovani di iniziare le buone letture dal Premio Nobel Bob Dylan, e dalla sua poesia “Il bullo del quartiere”, più efficace di tanti saggi (compreso quello mio) nel sunto e nella difesa dello Stato ebraico.