MILANO – Sei storie esemplari di sport e coraggio

Lo sciatore polacco Bronislaw Czech fu coinvolto nella resistenza antinazista; il ciclista tedesco Harry Seidel contribuì alla fuga di oltre 100 persone dalla Germania dell’Est sotto il giogo comunista; i campioni di atletica Emil e Dana Zatopek si distinsero per il loro sostegno alla Primavera di Praga; il medico italiano Antonio Maglio fu tra i padri delle Paralimpiadi, nel solco tracciato dall’ebreo tedesco Ludwig Guttmann; la calciatrice afghana Khalida Popal si è impegnata nel salvataggio di numerose persone dopo il ritorno dei talebani a Kabul nel 2021. Sono le sei figure esemplari di sportivi onorate dalla Fondazione Gariwo, la foresta dei Giusti, con una cerimonia sul Monte Stella (la “Montagnetta”) a Milano. All’iniziativa ideata da Gabriele Nissim, presidente di Gariwo, hanno partecipato rappresentanti delle istituzioni e del mondo dello sport.
«Non esisterà mai una tipologia esaustiva degli uomini giusti, perché nel corso della storia e in ogni contesto appaiono sempre figure nuove, capaci con la loro coscienza e la loro capacità di giudizio di anticipare il corso degli avvenimenti», ha dichiarato Giorgio Mortara, intervenendo in rappresentanza dell’Ucei. «I giusti ci insegnano a trovare una comune energia etica; non si tratta di una etica che si costruisce da soli in nome della purezza delle proprie scelte ma insieme, nel nome dei valori universali che sono alla base del vivere civile». In precedenza Nissim aveva spiegato che serve «alimentare speranza nel futuro dell’umanità» e in questo senso «ogni persona può sempre fare una piccola cosa per migliorare il mondo». L’iniziativa è stata organizzata pensando anche alle Olimpiadi invernali in programma tra Milano e Cortina nel 2026. «Vorremmo che da qui alle Olimpiadi tutte le associazioni sportive partecipassero a questo grande movimento dei valori dello sport», ha proseguito Nissim. «Auspichiamo che ci siano gare, manifestazioni, marce non competitive che siano dedicate a questi valori».
Popal, da tempo impegnata nella difesa dei diritti civili, ha raccontato che «purtroppo ho dovuto lasciare il mio paese per poter sopravvivere, da quando siamo cadute nelle mani dei talebani». Dal ritorno al potere dei fondamentalisti islamici, «le donne non possono neppure parlare tra di loro in pubblico: oltre 600 persone che facevano parte della nostra associazione calcistica sono dovute scappare dall’Afganistan, ma noi continuiamo a fare sentire la nostra voce». Al di là delle differenze, «siamo tutti essere umani e lo sport ci insegna che uniti possiamo fare la differenza».
a.s.