TORINO – Simboli di Hamas al posto dell’incontro sul diritto allo studio

«Come studenti abbiamo visto con grande paura e vergogna ciò che è successo e continua a succedere nelle nostre università: a Milano, Torino, Roma, Napoli e in tante altre città del nostro Paese. Gli atenei sono stati presi in ostaggio da una minoranza rumorosa e in certi casi addirittura violenta, che priva tutti gli altri del diritto allo studio e di un luogo pacifico e inclusivo dove poterlo esercitare». Sono le parole con cui si apre il Manifesto nazionale per il Diritto allo Studio che alcune associazioni studentesche avrebbero voluto discutere negli scorsi giorni all’Università Torino. Studenti per Israele, Unione Giovani Ebrei Italiani, Siamo futuro e Studenti Liberali rappresentano molte sedi universitarie in tutta Italia e, con Giovanna Pacchiana Parravicini, docente di Diritto del Lavoro dell’ateneo torinese, avevano presentato richiesta al Campus Einaudi per un’aula. Obiettivo: discutere di come odio e intolleranza abbiano preso il posto del confronto democratico.

A partire da questo punto le versioni di ciò che è successo lo scorso martedì divergono. Alle 16 di quel giorno al centro del grande cortile del Campus Einaudi, pieno di studenti e famiglie raccoltisi per le lauree, uno striscione proclama “Fuori i Sionisti dall’Università”. E davanti all’ingresso dell’ala dove si sarebbe dovuto tenere l’incontro si stanno raccogliendo gli studenti chiamati a manifestare da un altro striscione, che proclamava “Antisionismo non è antisemitismo. Oggi 15.30 Main Hall”. Un volantino, appeso ovunque, ribadisce lo stesso proclama, convocando una “conferenza pubblica”. Non un volantino qualsiasi però: è una modifica della locandina diffusa dalle associazioni di studentesche organizzatrici dell’incontro, cui sono stati sovrapposti slogan e date del contro-convegno, e i loghi delle associazioni sono coperti dal triangolo rosso rovesciato associato a Hamas. E nell’ingresso dell’ala del Campus assegnata colpiscono le dimensioni della bandiera palestinese, accompagnata da un altro “La vera violenza è giustificare il genocidio. h 15.30 main hall controconferenza”. L’aula assegnata è chiusa, non si vede nessuno, mentre fuori il banchetto della contromanifestazione è coperto di volantini e opuscoli e dopo qualche discorso iniziano gli slogan. Nulla di nuovo: Free Free Palestine, From the river to the sea… i ragazzi sono qualche decina, si arriva forse al centinaio, ma presto prevalgono le chiacchiere, e mentre il “controconvegno” decide di trasformarsi in un corteo compare la Direttrice della Scuola del Campus Einaudi, Anna Mastromarino. Molto agitata spiega che è una questione procedurale, che non è necessario farne un caso, che si tratta solo di una serie di malintesi, e racconta: «È stata fatta una richiesta, l’iter di assegnazione dell’aula è partito normalmente. Poi però abbiamo visto circolare una locandina diversa da quella che ci era stata fornita. Data sia alla stampa che diffusa sui social raccontava di un incontro con un tema diverso, e questo non era accettabile. Per di più alla mia richiesta di un chiarimento mi è stato risposto che anche se il titolo era differente “era poi lo stesso argomento, alla fine, non cambiava”. A questo punto l’iter autorizzativo si è bloccato. L’aula non è stata assegnata. Fine della questione». È circondata dalla sicurezza dell’università, si allontana a grandi passi, ma non prima di aver mostrato, sul suo telefono, le due locandine incriminate.

È su questo che le versioni divergono. Mastromarino presenta come “prima locandina”, che era stata autorizzata, quella che lancia una “Presentazione del manifesto nazionale per il diritto allo studio”, e come seconda, fatta circolare parallelamente al processo autorizzativo, quella di un incontro “Contro l’antisemitismo e la violenza nelle università”.

Intanto la controconferenza si trasforma in corteo ed esce dal cortile dell’università e lungo la Dora trova due camionette. I manifestanti continuano con gli slogan e dopo poco rientrano nel campus percorrendo solo qualche centinaio di metri. Salgono ad appendere gli striscioni allo studentato, per poi disperdersi.

La reazione dell’UGEI

Luca Spizzichino, presidente dell’Unione Giovani Ebrei d’Italia e uno dei relatori dell’incontro saltato, è sdegnato: «Bell’esempio di inclusione quello striscione che vuole cacciare i sionisti dall’università. Loro sono stati autorizzati a manifestare e noi siamo rimasti chiusi fuori!». Mastromarino aveva spiegato che «il cortile del campus è aperto per definizione, e chiunque voglia tenere un comizio o fare discorsi è libero di farlo. soprattutto in questo periodo perché fra poco ci saranno le elezioni». Per Spizzichino il problema è stato creato dall’università: «Noi avevamo fatto richiesta di uno spazio con un tema chiaro ma in apparenza parlare di antisemitismo è divisivo. Ci hanno chiesto di cambiare il titolo e abbiamo optato per questa seconda locandina che parla del manifesto per il diritto allo studio. È molto più debole, ma ci siamo adattati, per noi era importante poter fare l’incontro». La modifica, sostiene quindi, sarebbe una richiesta dell’università e Spizzichino aggiunge: «Da UniTo non mi aspettavo nulla di diverso! E no, non abbiamo alcuna intenzione di fare nuovamente richiesta e di provare a ricalendarizzare l’incontro. Abbiamo saputo che non si sarebbe potuto tenere quando eravamo già in treno. E assurdo, io arrivo da Roma, come altri… c’è chi arriva da altre città, chi ha preso giorni di ferie, nessuno di noi è disponibile a perdere un’altra giornata in questa maniera». Pur riconoscendo qualche pasticcio organizzativo e che il problema procedurale esiste, per Spizzichino prevale l’assurdità di una situazione in cui, ripete più volte, si parla di inclusione e diritto allo studio e poi noi non siamo potuti entrare, e invece «ci sono bandiere palestinesi dentro il campus e gli striscioni che vedo vogliono cacciare i sionisti dall’università».

Parla l’avvocato Cristina Franco

Per Cristina Franco, avvocato genovese che presiede l’associazione Italia Israele di Savona ed è tra i promotori del Manifesto Nazionale per il Diritto allo Studio, le cose sono andate in maniera ancora diversa, ma la situazione è chiara: «L’idea di organizzare un incontro a Torino per presentare il Manifesto è nata da una mia chiacchierata con la collega Pacchiana Parravicini. Ne condivide i principi, teneva a promuoverne i contenuti anche nella sua università e ha quindi portato lei avanti la richiesta di uno spazio al Campus Einaudi. Ma la direttrice di dipartimento le ha risposto che quella locandina e quel programma non avrebbe ricevuto autorizzazione. La spiegazione è che l’antisemitismo è divisivo». Franco ribadisce che la prima locandina presentata era “Contro l’antisemitismo e la violenza nelle università” e che la parola “contro” non è stata considerata inclusiva. Racconta che, obtorto collo, Pacchiana Parravicini ha modificatoto il programma, e allegato un’altra locandina, garantendo anche la sua presenza all’incontro, che avrebbe registrato, e che in caso di qualsiasi problema avrebbe assunto lei la responsabilità di fermare tutto. Per di più, aggiunge: «Pacchiana Parravicini ha ricevuto mail di conferma, la direttrice ha autorizzato l’evento, ha scritto di avere evaso la richiesta dell’aula, spostando la E4 a C4. Non ha senso cercare di sostenere che la procedura non è stata completata e che non è mai stata assegnata un’aula. Certo, sui social ha continuato a circolare anche la prima locandina, ma non abbiamo il controllo di quello che viene fatto girare, probabilmente si troveranno online tutte e due ancora per mesi… Lunedì, il giorno prima dell’evento, Mastromarino ha di nuovo tirato fuori questa storia delle locandine diverse e avvertito che se ci fossero state delle violenze ne avrebbe ritenuti direttamente responsabili i ragazzi e la docente, chiedendo di nuovo di ricalendarizzare per non sovrapporsi alle lauree. Ha pure ribadito che volevamo lo scontro. E martedì mattina alle 11.52 è arrivata la comunicazione che la procedura di autorizzazione dell’aula non è ancora terminata, l’evento non si può tenere. E chi si fosse presentato sarebbe stato considerato un occupante». Dopo aver ribadito che ci sono messaggi e mail che provano quanto raccontato aggiunge, «Rifaremo domanda, e faremo ancora più attenzione a ogni passaggio controllando che non sia possibile trovare scuse. Riorganizzeremo, certamente!».
a.t.