INCONTRI – Etica in tempo di guerra, voci a confronto

Viene prima la vittoria contro Hamas o la liberazione degli ostaggi?
L’interrogativo attraversa la società israeliana da mesi e si è riaffacciato con forza in queste ore con la fine della tregua a Gaza. «È il dilemma etico forse più lacerante di questo periodo storico», conferma Michael Ascoli, rabbino e ingegnere nato a Roma ma residente ad Haifa dal 2010. La sera di mercoledì 19 marzo ne parlerà a partire dalle 20 al Centro Ebraico Il Pitigliani di Roma, dove è in programma un incontro su “etica ebraica in tempo di guerra”. Al suo fianco ci saranno Yonathan Bassi del kibbutz Maale Gilboa e il giornalista Massimo Lomonaco, ex corrispondente dell’Ansa da Israele. L’iniziativa è parte del ciclo di conferenze “I tanti volti di Israele” promosso dal Pitigliani insieme all’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane e risponde, secondo Ascoli, «al bisogno molto forte che c’è oggi di ascoltare, intervenire e confrontarsi su temi che investono non soltanto Israele in modo diretto ma anche la diaspora in senso ampio; anche perché l’ebreo diasporico si sente in qualche modo un rappresentante d’Israele verso il mondo esterno e tiene talvolta a questo compito molto più di quanto facciano le istituzioni israeliane».

La scelta del rabbino Mirvis


Temi sui quali discutere certo non mancano. «È di ieri», sottolinea Ascoli, «la notizia che il rabbino capo del Regno Unito Ephraim Mirvis non parteciperà a una conferenza sull’antisemitismo organizzata dal governo israeliano per via della presenza di alcuni politici di estrema destra tra i relatori». Per Ascoli questa presa di posizione «molto forte» da parte del rabbino Mirvis è «un ottimo esempio delle titubanze proprie di una parte dell’ebraismo europeo a rivolgersi verso quel tipo di destra, anche per via del ricordo della Shoah». Altro tema etico sensibile riguarda le modalità di svolgimento della guerra. «La tradizione ebraica afferma dei principi alti, anche nel rapporto con il nemico, principi però non sempre semplici da applicare dal punto di vista sia emotivo che pratico». Secondo Ascoli, «l’esercito israeliano si è finora distinto per esserci riuscito piuttosto bene». Allo stesso tempo «i massacri del 7 ottobre e il tremendo appoggio internazionale di cui Hamas ha goduto hanno fatto sì che, anche in Israele, guadagnasse consenso la posizione di chi vuole scrollarsi di dosso il “fardello” di essere sempre bravi e morali». Chi si fa latore di questa istanza, prosegue il rav, «interpreta un sentimento istintivo e ha gioco facile in una società sottoposta a un trauma prolungato». E così l’idea «fa breccia, rompendo anche i muri dell’elettorato tradizionale di questi politici; lo si vede ad esempio sul tema della possibile espulsione dei gazawi per la ricostruzione della Striscia; un tema che gode di ampio consenso, malgrado i problemi etici molto grandi che pone».

Adam Smulevich