LA POLEMICA – Emanuele Calò: Don’t cry for me, Ireland

Jonathan Adelman, in The Rise of Israel, Routledge, 2009, Usa p. 8, scrisse che «Durante la Prima guerra mondiale i turchi ottomani misero fuori legge l’Hashomer. Nel marzo 1915, 500 ebrei palestinesi furono espulsi in Egitto, dove sotto la guida di Vladimir Jabotinsky e Joseph Trumpeldor, formarono lo Zion Mule Corps, che trasportava cibo e rifornimenti per gli alleati a Gallipoli nell’aprile 1915. Il loro distintivo era la Stella di David. L’unità fu sciolta dopo che si rifiutò di reprimere la ribellione irlandese. Nel 1917 gli inglesi crearono una Legione ebraica di 5.000 uomini (tra cui David Ben Gurion e Yitzhak BenZvi), che fu sciolta solo nel 1920. Costituendo un sesto dell’esercito britannico sotto il generale Allenby, aiutò a cacciare i turchi dalla Palestina».

Non so se siamo ricambiati; ricordo però che il primo ministro Eamon de Valera andò all’ambasciata tedesca a firmare il libro di condoglianze per la perdita di Adolfo Hitler. Si è scritto che «I giovani ebrei legano il suo nome anzitutto per via di quel contesto controverso, il che è particolarmente deplorevole alla luce dell’amicizia personale di de Valera con il capo Rabbino Herzog, e del suo attivo sostegno diplomatico – in particolare tramite il Vaticano – alle iniziative per salvare gli ebrei durante la guerra… i risultati preliminari scagionano de Valera da qualsiasi accusa di essere antisemita, ma è improbabile che uno studio distaccato della politica irlandese sui rifugiati cancelli il danno arrecato alla sua reputazione dalla sua visita alla legazione tedesca nel maggio 1945» (Dermot Keogh, Eamon de Valera and Hitler: An Analysis of International Reaction to the Visit to the German Minister, May 1945, Irish Studies in International Affairs , 1989, Vol. 3, No. 1 (1989), p. 91).
L’Irlanda ha dato i natali a grandissimi personaggi, come Jonathan Swift, Oscar Wilde, James Joyce, Bernard Shaw e Samuel Beckett, il cui Godot somiglierebbe vagamente all’ebreo errante. Dal canto suo, il protagonista scelto da Joyce per l’Ulisse è Leopold Bloom, un ebreo (o pressoché) e l’opera riflette anche l’influenza di Italo Svevo, nom de plume di Aron Hector Schmitz (Thomas F. Staley, The Search for Leopold Bloom: James Joyce and Italo Svevo,James Joyce Quarterly, vol. 1, no. 4, 1964, p. 61: «Harry Levin, Richard Ellmann e Stanislaus Joyce suggeriscono tutti la somiglianza tra Svevo e Leopold Bloom. Svevo era ebreo; fisicamente, Bloom gli somiglia molto, anche se Joyce suggerì a Sylvia Beach che Bloom assomigliava a Holbrook Jackson, il direttore di Today. L’umorismo e la visione della vita sembrano essere simili in Svevo e Bloom»).
Con tutti i legami (e la dedizione) degli ebrei verso l’Irlanda, questo paese ha una politica particolarmente ostile verso Israele. Sally Rooney, la scrittrice, non vuole che i suoi libri siano pubblicati da editori israeliani. È una questione che scaturisce da un mai sopito estremismo? Forse l’Irlanda ha perso, come del resto gran parte del mondo, lo spirito che animava i suoi grandi talenti e le sue grandi istituzioni, come il Trinity College? Di questi tempi, non crediamo di poter sperare in una qualche resipiscenza, anche perché pure da noi, nessuno ha mai lamentato un calo nel numero di gente bizzarra, tanto per usare un eufemismo. D’altronde, oggi giorno, a ogni latitudine, è difficile tagliare il traguardo della normalità, soprattutto perché non interessa più a nessuno.
Beckett, il dubliner Beckett, non era così: «Per concludere, propongo che Beckett, in accordo con il suo approccio sfuggente alla memoria, alla storia, alla cultura e alla religione, registri le rivelazioni dei campi attraverso l’identificazione obliqua con l’alterità ebraica, i riferimenti irregolari all’antisemitismo e la cancellazione dello stereotipo ebraico. E che l’estetica esemplare di Beckett post-Olocausto sia nata, in gran parte, grazie alla sua consapevolezza ben informata e altamente sofisticata delle problematiche della mimesi ebraica» (Jackie Blackman, Beckett judaizing Beckett: A Jew from Greenland’ in Paris, Samuel Beckett Today / Aujourd’hui, vol. 18, 2007, p. 37).


Emanuele Calò