MUSICA – Francesco Lotoro: Rapporto di minoranza

Sotto la bacchetta del pianista, violinista e compositore ebreo Szymon Laks, l’orchestra del settore maschile di Birkenau ampliò il proprio organico e raggiunse un eccellente livello qualitativo; Laks chiese e ottenne di migliorare le razioni di cibo, aumentare i tempi di prova diminuendo le ore di lavori forzati, far svolgere agli strumentisti incarichi meno defatiganti e che infine fossero dispensati dal suonare all’aperto in caso di pessime condizioni meteorologiche.
Entro la fine del 1943 l’orchestra si trasferì presso un Block predisposto all’attività musicale con tanto di sala musica chiamato Notenschreibern-Block. Complessivamente sino alla metà del 1944 tra arrivi e partenze l’orchestra arrivò a contare circa 40 membri di varia nazionalità ma il problema era un altro.
I trombettisti Louis Bannet e Lex van Weren, il trombonista jazz Jack de Vries, i violinisti Jacques Stroumsa e Haim Lipsky suonavano i loro rispettivi strumenti nell’orchestra mentre il pianista ucraino Chapse Alexander Gerenstein suonava la tromba e il violinista tedesco Henry Meyer suonava i piatti.
Se a costoro aggiungiamo il chitarrista Heinz Jakob Coco Schumann che a Theresienstadt suonava le percussioni (il posto di chitarra nell’ensemble Ghetto Swingers era già assegnato), la pianista Esther Béjarano che in pochi minuti imparò a suonare la fisarmonica dinanzi alla Kapo dell’orchestra femminile di Birkenau pur di non tornare ai lavori forzati (il posto di pianista era già assegnato) e il violoncellista Giuseppe Selmi che presso lo Stalag XA Sandbostel eseguì il suo Concerto Spirituale imbracciando un violino a mo’ di violoncello essendo quest’ultimo indisponibile (solitamente veniva prestato dai prigionieri di guerra francesi presso l’attiguo Stalag XB), giungiamo alla conclusione che per un musicista che suonava il proprio strumento ce n’era un altro che si arrangiava a suonarne per necessità un altro; la realtà è invero molto più complessa.
Il Novecento ci consegna una diffusa cultura musicale polistrumentale, flessibilità e capacità di adattarsi alla performance di diversi strumenti; da Chopin e Paganini eccellenti e sopraffini chitarristi – sebbene la storia della musica ce li abbia consegnati rispettivamente per il pianoforte e il violino – a Ottorino Respighi che imparò a suonare l’arpa in tre giorni per dimostrare a un recalcitrante arpista dell’orchestra che un passaggio d’arpa di una sua opera era perfettamente eseguibile, il musicista è versatile per natura e questo è un talento ancor più diffuso in jazzisti e strumentisti di generi di intrattenimento che soprattutto dal 1942 al 1944 affollavano letteralmente i lager.Nel lager un musicista poteva non essere al posto giusto nell’orchestra eppure trovarsi al posto giusto nel peggior ingorgo della sua esistenza; per un Štěpán Lucký pianista cui le guardie di Dachau storpiarono la mano destra o un Samuel Schuijer pianista (foto) cui le SS di Sobibór amputarono le mani, c’erano decine di altri musicisti che sperarono di salvare cervello e mani per suonare confidando nell’ingegno che in tali circostanze, se non viene distrutto, si centuplica.
Grazie alle sue doti musicali, la contrabbassista Elisabeth Baerlein suonò in tutte le orchestre di Theresienstadt; pur di averla in organico, il compositore Hans Krása aggiunse la parte di contrabbasso all’operina per ragazzi Brundibár (non c’era nella versione originale del 1938).
Il 6 ottobre 1944 la Baerlein fu trasferita a Birkenau, il treno tuttavia arrivò a destinazione il 9 ottobre; il ritardo di un giorno fu causato dalla rivolta del Sonderkommando del 7 ottobre 1944 a Birkenau.
È soltanto un esercizio storico ma ho provato a immaginare come sarebbero andate le cose se la rivolta di Birkenau del 7 ottobre (conosciamo già questa data) fosse riuscita come a Treblinka; la storia nelle sue tragiche linee generali non sarebbe certo cambiata ma Birkenau si sarebbe liberata tre mesi prima e migliaia di uomini, donne e bambini si sarebbero forse salvati.
Rimane il coraggio di una minoranza di uomini e donne che quel giorno distrusse il Crematorio IV e si diede alla fuga; la repressione tedesca fu feroce ma il Terzo Reich finì il 7 ottobre 1944.
In una società autenticamente democratica non esiste una minoranza; ogni realtà sociale è lato insostituibile di un poliedro e, se al poliedro sostituiamo la parola ‘società’, il senso non cambia.
Non è la consistenza demografica a rendere tale una minoranza; basti pensare all’ebraismo, espressione di una realtà demografica minoritaria (fuorché in Israele, ovviamente) che ha profondamente influito sul pensiero culturale, filosofico, economico, scientifico e religioso mondiale.
In una qualsiasi democrazia la maggioranza decide per il bene di tutti; osiamo pensare di essere la più grande maggioranza del pianeta e lo diventeremo veramente.
Francesco Lotoro