PESACH – Ebraismo internazionale lancia appello per ostaggi

«Questa settimana celebriamo Pesach, la festa della libertà. Ma di quale libertà parliamo quando 59 di noi sono ancora prigionieri nell’inferno di Hamas?». Un interrogativo, posto dall’ex ostaggio Liri Albag, che risuona forte nelle case e nelle piazze di Israele e viene condiviso dalle famiglie ebraiche in tutto il mondo. Per il secondo anno consecutivo, la festività che ricorda la liberazione degli ebrei dall’Egitto si intreccia con un presente doloroso: quello di 59 israeliani da 18 mesi ostaggio dei terroristi di Hamas.
La tavola del Seder, cuore della celebrazione famigliare, sarà per molti incompleta. Intorno a questo vuoto si è stretta anche la rete delle principali organizzazioni ebraiche mondiali. «Questa sera di Pesach, 59 dei nostri fratelli e sorelle non sono riuniti con noi attorno per il Seder. Il loro grido di libertà scuote ogni ebreo in ogni parte del mondo», si legge nel comunicato diffuso dall’Agenzia Ebraica, Federazioni Ebraiche del Nord America, Keren Hayesod e Organizzazione Sionista Mondiale. «Preghiamo e speriamo che la prossima Festa della Libertà segni il cammino verso la libertà per i nostri fratelli e sorelle tenuti in ostaggio». Questo Pesach, come lo scorso, «i nostri pensieri e le nostre preghiere saranno con loro».
La dichiarazione non è solo un appello al ricordo, ma anche un invito alla coesione. In un anno segnato da fratture politiche interne in Israele e da un’ondata crescente di antisemitismo all’estero, le istituzioni ebraiche invitano a mettere da parte le divisioni: «L’esodo dalla schiavitù alla libertà è un valore da cui il nostro popolo è cresciuto all’inizio del suo viaggio. Invitiamo l’intera Casa d’Israele a superare le divisioni e le liti di fronte alle acque tempestose. Quando il mare si aprirà davanti a noi, saremo in grado di marciare insieme, tutti noi come uno solo, verso la Terra Promessa».
Una riflessione condivisa anche dalle massime autorità religiose d’Israele. In una nota congiunta, i rabbini capo di Israele, Kalman Ber (ashkenazita) e David Yosef (sefardita), hanno invitato a inserire una preghiera speciale per gli ostaggi durante il Seder. La proposta è di recitarla dopo il pasto, in corrispondenza con il passo “Riversa il Tuo sdegno sulle nazioni che non Ti riconoscono”: «È molto difficile celebrare la notte del Seder mentre i nostri fratelli siedono nell’oscurità e nella morte… Come hai redento i nostri padri, così redimi i Tuoi figli ancora prigionieri».
Da 552 giorni le famiglie dei rapiti continuano a mobilitarsi per mantenere alta l’attenzione e lo faranno anche a Pesach riunendosi nella Piazza degli ostaggi di Tel Aviv. «Il vero significato di Pesach non è solo mangiare matzah e cantare. È capire che ancora oggi lottiamo per la libertà universale. L’Haggadah ci invita a sentire la schiavitù e l’esodo, ma anche ad agire», ha ricordato negli scorsi giorni Ditza Or, madre del rapito Avinatan Or.
Un invito che riecheggia nella conclusione del messaggio delle comunità mondiali: «Auguriamo al popolo d’Israele una Festa di libertà e speranza. Che possiamo celebrarla con unità e fratellanza, ritrovando ciò che ci accomuna e riavvicinando i cuori, nello spirito della stagione».