OSTAGGI – Eitan Horn e l’impegno nell’educazione

Eitan Horn ha 37 anni, è un educatore ed è convinto che la formazione delle nuove generazioni possa cambiare il mondo, raccontano allievi e colleghi. Ha lavorato a lungo con movimenti giovanili in Israele e all’estero, accompagnando gruppi nei campeggi, nei viaggi e nelle missioni formative. Ha vissuto in Perù come emissario del movimento sionista Hanoar Hatzioni, diventando per molti giovani un punto di riferimento. Per una sua ex allieva, intervistata dal Jerusalem Post, «Eitan è sia un fratello maggiore, sia un maestro». Parenti e amici lo descrivono come un uomo allegro, che ama ballare, intrattenere e prendersi cura degli altri.
Nato a Kfar Saba, cittadino israeliano-argentino, Eitan è un grande tifoso dell’Hapoel Beersheva e spesso portava allo stadio i nipoti insieme al fratello maggiore Yair. I due sono molto legati, e il 7 ottobre 2023 Eitan era andato a trovarlo al kibbutz Nir Oz per trascorrere le festività insieme. Quando alle 6:30 del mattino sono iniziate le raffiche di missili di Hamas, il padre, Itzik, li ha contattati preoccupato. Eitan ha cercato di sdrammatizzare, rispondendo: «Ti sei dimenticato che sopra al kibbutz di Yair volano sempre i missili?». Poi però le comunicazioni si sono interrotte. Giorni dopo, la famiglia Horn ha scoperto del rapimento dei due fratelli.
Dopo 498 giorni di prigionia, a metà febbraio Yair è stato liberato, ma Eitan è ancora detenuto a Gaza (553 giorni). Un video di propaganda diffuso da Hamas il 1° marzo mostra i fratelli insieme poco prima della liberazione di Yair: si abbracciano ed Eitan piange, guarda in camera, con voce incerta. «A volte ricevo cibo, a volte no. A volte sto bene, a volte no. Ma qui, non sto bene», afferma, portandosi una mano alla testa. Un segnale del deterioramento psicologico dopo oltre un anno e mezzo di prigionia, sottolineano i familiari.
Yair ha raccontato di aver visto il fratello sull’orlo di crollare durante la detenzione: la fame, l’assenza di sonno, la pressione psicologica. Dopo il rilascio, in un incontro con Donald Trump a Washington, si è presentato con una felpa rossa con il volto di Eitan stampato sul petto. Ha ringraziato il presidente Usa per il suo impegno per gli ostaggi, chiedendo un ulteriore passo: la liberazione del fratello e degli altri 58 rapiti israeliani.
«Eitu», come lo chiamano amici e allievi, «fa ridere e diffonde buone vibrazioni», ha spiegato ad Haaretz Daniela Rapp, una delle sue amiche più strette. Al Jerusalem Post, Leila Banchik, argentina che vive a Tel Aviv, ha ricordato le settimane passate con lui a Gerusalemme, durante il suo anno di formazione: «Era allegro, pieno di energia. Faceva sempre battute e riusciva a trasformare ogni momento in qualcosa di leggero e positivo». Per Dana Grobman, arrivata dal Perù, «Eitu era la persona che chiamavi se avevi bisogno di qualcosa, anche solo di un abbraccio».
Dopo l’invasione russa dell’Ucraina nel 2022, Eitan aveva chiesto di poter aiutare i bambini rifugiati arrivati in Israele. «Gli abbiamo detto: ‘Ma non conosci la lingua!’ e lui ha risposto: ‘Questi bambini hanno paura e vengono qui in cerca di sicurezza. È su questo che è stata fondata Israele, e io voglio rappresentare per loro quel luogo sicuro’», ha raccontato la cognata, Dalia Cusnir-Horn.
Il padre ha più volte denunciato l’assenza di risposte da parte del governo israeliano. «Dal giorno dopo il rapimento nessun membro della coalizione ci ha chiamati». E davanti alla liberazione del solo Yair, ha aggiunto: «Abbiamo guardato il bicchiere mezzo pieno, siamo stati felici, ma è stato molto difficile. Ci hanno fatto un moderno processo di Salomone. Ci hanno diviso a metà». Intervistato dall’emittente N13 alla vigilia di Pesach, Itzik ha ricordato come, per il secondo anno consecutivo, la famiglia Horn non sarà al completo durante cena della festa. «Voi avrete tutti i vostri cari intorno al tavolo, noi no. Se una cosa simile fosse accaduta al primo ministro o a uno dei suoi ministri, sono sicuro avrebbero fatto di tutto per riportare indietro gli ostaggi».
Nel frattempo, i tifosi dell’Hapoel Beer Sheva, la squadra del cuore di Eitan e Yair, hanno dedicato un murale ai due fratelli, accompagnato da una scritta: «Riportate a casa Eitan. È uno di noi».
d.r.