ROMA – Il dissidente gazawi alla Sapienza: Ascoltate la mia storia

Hamza Howidy è un dissidente palestinese nato e cresciuto a Gaza, che ha lasciato nell’estate del 2023 dopo aver conosciuto sulla propria pelle la violenza di Hamas. Due volte incarcerato per via della sua militanza nel movimento Bidna N’eesh (“Vogliamo vivere”), di cui è uno dei leader, dal 7 ottobre porta la propria testimonianza dove c’è disponibilità all’ascolto. Ieri l’ha fatto all’Università La Sapienza di Roma, mentre nel pomeriggio sarà al Senato della Repubblica. L’evento ruotava attorno all’interrogativo “Quale futuro per Gaza?”: accanto al dissidente, al tavolo dei relatori sedevano la direttrice di Radio Radicale Giovanna Reanda, il direttore dell’Europeista Piercamillo Falasca, la docente di Storia contemporanea dell’ateneo Alessandra Tarquini, l’autrice di 7 Ottobre 2023 Israele, il giorno più lungo Sharon Nizza e lo studente Filippo Rigonat, che ha aperto l’incontro. Secondo Rigonat, c’è necessità di parlare del conflitto a Gaza lontano dalle «troppe sovrastrutture, ideologicizzate e lontane dalla realtà» di una certa propaganda oggi prevalente in ambito universitario.
Howidy, classe 1997, ha esposto la sua storia e risposto a molte domande. Iniziando dai fatti di cui fu testimone ragazzino con la guerra civile del 2007 per il controllo di Gaza tra Hamas e Fatah: «Sono successe cose orribili: persone gettate dai tetti, persone trascinate per le strade; una situazione che non capivo, abituato a pensare a un solo conflitto: quello tra israeliani e palestinesi». Da quando Hamas ha preso il potere nelle settimane successive, ha proseguito Howidy, «la società gazava è diventata sempre più autocratica ed estremista e io stesso ero incentivato ad andare in quella direzione; per fortuna la mia famiglia, di tendenze liberali, cercava di portarmi nell’altra». In ogni caso «ero un giovane che cercava di fare la propria vita, non ero coinvolto nel conflitto». La svolta sarebbe arrivata negli anni universitari. «Ho frequentato l’università islamica, la stessa in cui hanno studiato i leader di Hamas, non c’era molta altra scelta», precisa l’attivista. Dopo la laurea, ottenuta nel 2019, «ho iniziato a capire che per avere certi lavori, specie nel settore pubblico, se non fai parte di Hamas non c’è possibilità». È stato allora che Howidy ha iniziato ad avvicinarsi a Bidna N’eesh, partecipando a una manifestazione interrotta dai miliziani di Hamas con spari e arresti. Lui stesso è finito in carcere, per la sola “colpa” di avere tra le mani un volantino con scritto “Vogliamo vivere”. In prigione ci è tornato nel giugno del 2023, quando del movimento era diventato uno dei promotori, «subendo un trattamento barbarico, anche perché recidivo». La famiglia ha corrotto dei membri di Hamas e anche questa volta ne è uscito. Rimanendo però sorpreso del fatto che la protesta e la sua repressione da parte del gruppo terroristico non avessero ottenuto di fatto alcuna copertura mediatica. «In quel momento ho deciso di lasciare Gaza, alla ricerca di un futuro diverso in Europa», ha raccontato. Un mese dopo è arrivato il 7 ottobre, con i suoi orrori e le sue ferite aperte. Howidy ha lanciato un messaggio agli studenti dei cortei anti-israeliani: «Non bisogna guardare a questo conflitto in modo manicheo, la situazione è molto più complicata. È anche importante che la protesta non si allinei con Hamas e, sul fronte filo-israeliano, che non si identifichino tutti i palestinesi come terroristi. Le voci moderate devono avere la possibilità di esprimersi».

a.s.