OSTAGGI – Omri Miran e la corsa della figlia Roni

Il 25 aprile 2023, alla vigilia del Giorno dell’Indipendenza d’Israele, Omri Miran si era preparato come sempre per vedere la partita della sua squadra del cuore, il Maccabi Tel Aviv. «Era il suo rito settimanale, non se ne perdeva una», ha ricordato la moglie Lishay. Quel giorno di aprile di due anni fa Omri aveva fatto un’eccezione: prima della partita, aveva portato in giro per il kibbutz la figlia Roni. Si era divertito così tanto con lei da perdere l’inizio del match. «È tornato a casa con un sorriso enorme. Questo è il tipo di padre che è».
Fino al 7 ottobre 2023, la casa di Omri e Lishay nel kibbutz Nahal Oz era un rifugio tranquillo a pochi metri dal confine con Gaza. Omri, 47 anni, era giardiniere del kibbutz e terapista shiatsu. Nella vita delle figlie Roni, due anni, e Alma, sette mesi, era presente, partecipe, attento. «Ogni sera rientrava per metterle a letto. È un partner straordinario, amorevole, un uomo che tende una mano a tutti», hanno spiegato gli amici del kibbutz. «Pensa prima agli altri, poi a se stesso». È accaduto anche il 7 ottobre quando i terroristi palestinesi hanno invaso Nir Oz. Omri ha portato la moglie e le figlie nel rifugio, ha preso un coltello per difendere la famiglia e si è posizionato accanto alla porta. I terroristi di Hamas sono però entrati dalla finestra del bagno e hanno circondato Omri. «Gli hanno ordinato di seguirlo. Quello è stato l’unico momento in cui Roni è crollata, quando ha visto il padre andare via ha urlato: ”Il mio papà, il mio papà, voglio il mio papà”. L’ho trattenuta, perché cercava di scappare e seguirlo. Poi si è addormentata tra le mie braccia… e quando si è svegliata non era più una bimba di due anni».
Omri è stato caricato sulla sua auto e portato a Gaza. Da allora è ostaggio. Per mesi la famiglia non ha avuto alcuna notizia, poi, alla fine di novembre, è arrivata la prima conferma che fosse vivo. Un ex ostaggio ha riferito di averlo visto in prigionia fino a luglio 2024. Qualche mese prima, nell’aprile 2024, Hamas ha diffuso un video di propaganda dove Omri appare con il volto coperto da una folta barba, accanto ad altri prigionieri. «Dopo mesi in cui non lo vedevo, sembra ancora forte e in buona salute», ha commentato il padre Dani, che dal giorno del sequestro ha smesso di radersi. Ora sono passati 560 giorni e la sua barba continua a crescere, mentre di Omri non ci sono notizie. Israele ritiene sia tra i 24 ostaggi ancora vivi. Il padre viaggia ovunque per fare pressione e ottenere solidarietà per il figlio e per gli altri rapiti. È stato anche in Italia, ospite dell’ambasciata d’Israele a Roma.
La moglie di Omri, dal giorno del rapimento, ha iniziato un suo rito: scrive ogni giorno su WhatsApp in una chat intitolata “Note per Omri”. Condivide pensieri, foto delle bambine, attimi di quotidianità. «So che un giorno quei messaggi passeranno da grigio a blu», ha affermato in un’intervista a Israel Hayom. «Li leggerà».
Ogni sera Roni, che ora ha quasi quattro anni, si affaccia alla finestra per dare la buona notte al padre. Alma, due anni, ha iniziato a gattonare e poi a camminare senza il padre. «Quando lo vede nelle fotografie, dice ‘papà’», ha raccontato la madre.
Nella famiglia Miran nessuno ha smesso di lottare. Dani, 80 anni, ha lasciato la sua casa nel nord del paese e si è trasferito a Tel Aviv per essere vicino alla Piazza degli ostaggi e manifestare per la liberazione di tutti i rapiti. Una volta a settimana cucina per gli altri parenti che con lui fanno parte del Forum delle famiglie degli ostaggi. «Cucinare è il mio modo di dare amore, di sopportare il nero che mi circonda».
Nel giorno del secondo compleanno passato in prigionia da Omri – ora 48enne – , Roni e Alma hanno inviato un videomessaggio al presidente americano: «Trump, riportaci il nostro papà». La paura dei Miran è di essere abbandonati dal loro governo. «Purtroppo, la sensazione è che la questione sia stata accantonata dall’agenda politica dell’esecutivo», ha commentato Dani in un’intervista al Times of Israel. «Il governo continua a dire che fa la volontà del popolo, ma io rispondo: la volontà del popolo è il ritorno immediato di tutti i rapiti».
In una lettera aperta pubblicata dai media israeliani nel gennaio 2024, Lishay si rivolgeva al marito e agli altri ostaggi: «Sappiate che mentre alcuni tacciono e altri odiano, molti altri gridano forte e sono pieni d’amore. Non siete soli, non siamo soli». Poi immaginando di parlare a Omri: «Ci sono momenti in cui immagino di attraversare Gaza, stringendo Roni e Alma, marciando e guardando negli occhi i tuoi rapitori come abbiamo fatto a Nahal Oz. In quel sogno ad occhi aperti, ti riporto a casa con noi. Ma la realtà è più cupa, più complessa. L’amore e l’umanità, per quanto ci definiscano, non sempre trionfano. Continuo a sperare che potremo abbracciarti di nuovo, che Roni correrà da te proprio come ha cercato di fare quel 7 ottobre, e questa volta non la tratterrò. E Alma la seguirà».
d.r.