OSTAGGI – Yosef Chaim Ohana, il mago dei cocktail

Yosef Chaim Ohana, 24 anni, è il primogenito di quattro fratelli, cresciuto tra Kiryat Malakhi e Ramle, in una famiglia segnata dalla separazione dei genitori e dal lutto per il fratellino Asher Yitzhak, morto di cancro a otto anni. Dopo quella tragedia, Yosef Chaim aveva assunto un ruolo ancora più centrale, quasi da terzo genitore. Era il punto di riferimento per tutti: «Ci univa», ha spiegato la madre Miri Ben Ami. Cucinava per tutti con entusiasmo e aiutava economicamente la madre. Una volta le aveva lasciato una busta con parte del suo stipendio, su cui aveva scritto: «Mamma, non smettere di sorridere».
Dopo il diploma si era trasferito a vivere dalla nonna, più vicino a Tel Aviv. Amava la musica jazz, la fotografia e soprattutto il lavoro nei bar. «Era un vero mago dei cocktail, creava drink dal nulla», ha raccontato ad Haaretz Yair Aminoff, amico e collega del bar. Nel locale, da 565 giorni è appesa, dietro al bancone, la foto di Yosef Chaim.
Il 7 ottobre 2023, il giovane era al festival Nova con due amici. «Quando è iniziato l’attacco, hanno trovato un’ambulanza abbandonata e recuperato materiale medico per soccorrere i feriti», ha raccontato la madre. Uno dei ragazzi lo ha visto per l’ultima volta dietro un’auto, in mezzo a fumo e fuliggine. Poco dopo è stato rapito. Solo tre settimane più tardi è arrivata alla famiglia la conferma ufficiale.
Né la madre né il padre sapevano che si trovasse al festival. Miri Ben Ami lo ha scoperto da un messaggio di un conoscente. Da allora ha lasciato il suo lavoro di insegnante e si dedica ai suoi due figli più piccoli e a presidiare la piazza degli ostaggi a Tel Aviv, dove ha allestito una bancarella con i libri del rabbino Nachman di Breslav. «Credo che grazie alla fede, mio figlio e tutti gli ostaggi torneranno a casa. Sani e integri nel corpo e nella mente», ha spiegato ad Haaretz. La fede è diventata la sua ancora. «Il rabbino Nachman ci insegna che quando la luce della fede si diffonde in tutto il mondo, può portare molta salvezza».
Anche il padre, Avi Ohana, si è aggrappato alla preghiera. Pochi giorni prima del massacro del 7 ottobre aveva celebrato con il figlio la festa di Sukkot. «Gli ho messo una mano sulla testa e ho recitato la benedizione: ‘Dio ti salverà dalla morte e dal tormento’. Ci siamo abbracciati e da allora non l’ho più visto». Dopo la morte del figlio più piccolo, pensava di aver già vissuto la prova più dura. «Ma ho scoperto che c’è qualcosa di peggio di seppellire un figlio: sapere che è in un luogo sconosciuto, da solo, e non poterlo aiutare».
A febbraio 2025, è finalmente arrivato un segnale: Yosef Chaim è vivo. Lo ha riferito Ohad Ben Ami, uno degli ostaggi liberati nell’ultimo accordo con Hamas. «Mio figlio ha affidato ad Ohad un messaggio per noi: Mi mancate profondamente, dovete essere forti. Vuole tornare a casa, vedere i suoi fratelli e la sua famiglia», ha sottolineato il padre. Poi è arrivato un video di propaganda di Hamas a confermarlo, in cui il giovane lancia un messaggio di aiuto disperato.
Settimane dopo il 7 ottobre, Avi ha incontrato il primo ministro Benjamin Netanyahu. «Mi aveva promesso che avrebbe fatto di tutto per riportare gli ostaggi a casa, anche a costo del suo governo. L’ho sentito con le mie orecchie. Ma ora non so cosa pensare». La famiglia vive in un’esasperante attesa da oltre 18 mesi. «Stiamo solo aspettando che questo incubo finisca», ha affermato il padre. “Di notte sogno Yosef Chaim: siamo insieme, la famiglia è felice e tutto è come dev’essere. Poi mi sveglio e vorrei solo tornare a sognare».
d.r.