ROMA – Yom HaZikaron, la Comunità si stringe ai familiari degli ostaggi

Yom HaZikaron è la data in cui Israele ricorda i soldati caduti in guerra e le vittime di attacchi terroristici. Anche l’Italia ebraica sta partecipando con molte iniziative. A Roma, alla consueta cerimonia organizzata nel cortile della scuola ebraica in collaborazione con l’ambasciata d’Israele in Italia, centinaia di persone si sono strette ai familiari di cinque ostaggi di cui Hamas trattiene il corpo a Gaza, intervenuti nelle ore precedenti in una conferenza stampa organizzata dall’Ucei. Per tutti loro ha parlato Eli Shtivi, padre di Idan, assassinato dai terroristi nell’area del Nova Festival. Mentre Amir Alatrash, uno dei fratelli di Mohammad, 13 figli, soldato dell’esercito israeliano in forza a un’unità beduina, è stato tra coloro che hanno acceso un lume.
«Dolore e memoria non hanno confini né credo», ha dichiarato l’ambasciatore israeliano Jonathan Peled. «E se è vero che lo Stato d’Israele non ci è stato dato su un vassoio d’argento, stiamo ancora lottando per la nostra indipendenza e sicurezza. Oggi è un giorno di unità, oggi siamo tutti come una grande famiglia».
Nel corso della cerimonia sono stati onorati anche i tanti ebrei romani caduti per difendere Israele, insieme al piccolo Stefano Gaj Taché ucciso nell’attentato al Tempio Maggiore di Roma del 9 ottobre 1982. «I loro nomi e i loro volti vivono nei nostri cuori», ha spiegato il presidente della Comunità Victor Fadlun. Per poi aggiungere: «Dopo il 7 ottobre ogni giorno che passa è un giorno di dolore. È come una seconda guerra d’indipendenza: siamo più soli, ma anche più forti». Per Noemi Di Segni, la presidente Ucei, «Israele ha affrontato e affronta oggi una guerra per difendere i suoi confini e tutti i suoi cittadini, ma anche per affermare valori di libertà che vanno oltre i suoi confini, valori racchiusi nel concetto di Stato ebraico». L’Italia ebraica può giocare un ruolo importante, ha aggiunto Di Segni: «Noi qui, come comunità ebraiche unite per le ragioni di questo Stato e il legame con il popolo ebraico oltre i confini, siamo impegnati per la convivenza tra civiltà e fedi, in Italia come in Europa, per ricordare che le religioni sono portatrici di bene e sostegno, quando non sono abusate».
È poi intervenuto tra gli altri il colonnello Liad Zak, addetto alla difesa dell’ambasciata israeliana, per sottolineare: «Questa guerra non l’abbiamo scelta, ma ci è stata imposta. La stiamo combattendo per il futuro dei nostri figli. Desideriamo la pace e la stabilità, ma difenderemo sempre il nostro diritto a vivere». Sul palco sono saliti anche dei giovani delle scuole e dei movimenti giovanili, che hanno letto alcuni brani in tema. Prima di loro il rabbino capo Riccardo Di Segni aveva recitato un salmo. Nel pomeriggio i familiari degli ostaggi erano stati accolti da una rappresentanza comunitaria al Tempio Spagnolo, salutati tra gli altri dalla presidente Ucei, dal rabbino capo, dall’ambasciatore e dalla vicepresidente della Comunità ebraica Antonella Di Castro. «Gli ebrei romani sono lontani dalla terra d’Israele da millenni», ha esordito Di Castro. «Ma con il cuore siamo sempre lì: un solo popolo, un solo cuore».
a.s.
(Foto: CER)