PRIMO MAGGIO – Hava Nagila in chiave anti-israeliana, mondo ebraico protesta

“Free Palestine, Palestina libera” sulle note di Hava Nagila, popolare melodia ebraica composta quando la speranza di un “focolare nazionale” nell’allora Palestina mandataria, il futuro Stato d’Israele, prese slancio attraverso la Dichiarazione Balfour. La “performance” dei Patagarri dal palco del concerto del primo maggio a Roma, lo stravolgimento del senso di quel brano, stanno suscitando reazioni e sdegno nell’Italia ebraica.
«Una canzone ebraica che ha come significato la gioia di stare insieme è stata appositamente stravolta con l’effetto di creare divisioni e generare odio antisemita anziché mettere in campo ogni sforzo per la convivenza tra i popoli, come le Comunità ebraiche in Italia cercano di fare in ogni ricorrenza», sottolinea in una nota la presidente Ucei Noemi Di Segni, dicendosi attonita anche per l’assenza di vigilanza «da parte della Rai che ha poi trasmesso il programma». Ancora una volta, accusa Di Segni, «per acclamare la liberazione della Palestina (non dei palestinesi) si elude ogni riferimento al reale contesto mediorientale e alla presenza soffocante di Hamas». Contro l’iniziativa della band milanese, che ha sostenuto di aver testimoniato un messaggio politico a tutela «di persone più sfortunate di noi», è insorta anche la Comunità ebraica romana. «Appropriarsi della nostra cultura, delle melodie a noi più care, per invocare la nostra distruzione, è ignobile», sostiene il suo presidente Victor Fadlun. «C’è qualcosa di davvero sinistro, macabro, nell’esibizione dei Patagarri. I nostri più grandi odiatori nella storia sono quelli che hanno strumentalizzato la nostra cultura e mentalità». Per Fadlun, «ascoltare una nostra canzone dal palco del primo maggio in diretta tv, culminante nel grido “Palestina Libera!”, lo slogan delle piazze che invocano la cancellazione di Israele, è un insulto e una violenza inaccettabile».