OSTAGGI – Mohammed Alatrash e la passione per i cavalli

Padre di 13 figli, Mohammed Alatrash, 39 anni, viveva nel villaggio beduino di Sawa, nel Negev settentrionale. Era il maggiore di 22 fratelli e la sua passione, raccontano i parenti, erano i cavalli. «Il suo sogno era aprire una riserva per cavalli. Ne aveva diversi e li faceva cavalcare ai bambini ogni volta che poteva», ha ricordato a ynet Yusuf, uno dei fratelli. «Mohammed era il maggiore», ha raccontato il padre Ibrahim. «Tutta la responsabilità era su di lui e si impegnava a tenerci uniti. Si prendeva sempre cura di tutti».
La mattina del 7 ottobre 2023 Alatrash era in servizio come tracciatore nella Brigata Nord della Divisione Gaza dell’esercito israeliano. Alle 6:16 risultava ancora attivo su WhatsApp. Era riuscito a parlare brevemente con un familiare, promettendo che avrebbe richiamato. Non lo ha più fatto. Secondo quanto ricostruito dai parenti, quando è avvenuto l’attacco di Hamas, Mohammed stava rientrando verso l’avamposto di Nahal Oz. Lungo la strada ha incrociato i terroristi palestinesi e il suo veicolo è stato trovato abbandonato.
Nei mesi successivi, la famiglia ha appreso del suo sequestro, senza sapere nulla sulle sue condizioni. «I suoi figli chiedevano ogni giorno quando sarebbe tornato e noi speravamo fosse vivo», ha raccontato al Jerusalem Post lo zio Salem. Solo a giugno 2024, le Idf hanno chiarito il suo destino: Mohammed Alatrash è stato ucciso il 7 ottobre e il suo corpo portato a Gaza. Ai parenti è stato mostrato un video in cui si vede il suo ultimo scontro con i terroristi.
Ricevuta la conferma della morte, la famiglia Alatrash si è riunita a Sawa. Ma in assenza del corpo, non è stato possibile celebrare il funerale. «Nella nostra tradizione», ha spiegato il cugino Nimer, «la tenda funebre si erige solo quando si può seppellire il defunto». L’attesa per dare una degna sepoltura a Mohammed, la cui salma è in mano a Hamas, dura da 577 giorni.
Il dolore della famiglia, ha aggiunto Nimer, è aggravato dalla sensazione di abbandono. «Noi serviamo lo stato di Israele, e lo stato demolisce le nostre case, anche quelle dei nostri soldati», ha denunciato, riferendosi alle demolizioni decise dalle autorità di abitazioni considerate abusive e parte degli insediamenti beduini. «Questo sta danneggiando il reclutamento nella nostra comunità. I beduini vogliono integrarsi, ma sono stanchi di promesse non mantenute».
d.r.