ISRAELE – Dialogo nell’ombra con Damasco, ma preoccupano le mosse dell’alleato Trump

Non ci sarà un riconoscimento reciproco né un trattato di pace in tempi brevi, ma Gerusalemme e Damasco, nonostante gli scontri, si parlano. Secondo Reuters, i due paesi hanno aperto un canale riservato di comunicazione mediato dagli Emirati Arabi Uniti. I colloqui – confermati a Reuters da fonti della sicurezza siriana, dell’intelligence regionale e da un funzionario coinvolto direttamente – si svolgono da aprile lontano dai riflettori, lontano anche dalla diplomazia ufficiale.
Il contesto non potrebbe essere più teso. Proprio mentre si apriva il canale attraverso Abu Dhabi, l’aeronautica israeliana colpiva obiettivi militari a Damasco. Uno degli attacchi ha sfiorato di recente il palazzo presidenziale: 500 metri appena dalla residenza del presidente Ahmed al-Sharaa, già noto come Abu Mohammad al Jolani. Non ci sono state vittime, ma il messaggio era chiaro. Come chiaro è il segnale lanciato da Israele alla nuova dirigenza siriana: la protezione della minoranza drusa, in Siria come sul Golan, resta una linea non negoziabile.
Il legame tra la comunità drusa e lo stato ebraico è profondo. Dopo i massacri dei giorni scorsi in Siria– scoppiati in seguito a scontri settari nella regione di Suweida – centinaia di drusi israeliani hanno bloccato strade nel nord del paese, chiedendo un intervento immediato a sostegno dei fratelli oltre confine.
In questo clima, sorprende la disponibilità di Damasco al dialogo. Ma il nuovo presidente, un ex jihadista che oggi si propone come leader pragmatico, ha più volte dichiarato che la Siria non sarà mai una minaccia per Israele, sottolinea ynet. Lo ha messo nero su bianco in una lettera al Dipartimento di Stato americano, in cui si impegna a «non permettere che la Siria diventi fonte di pericolo per nessuno, incluso Israele». Una presa di posizione a cui è seguito l’arresto di due membri della Jihad Islamica legati agli attacchi del 7 ottobre 2023.
Il canale attivato dagli Emirati, spiega Reuters, si concentra per ora su temi di sicurezza e terrorismo, lasciando fuori le operazioni dell’esercito sul territorio siriano. Non è escluso, però, che si allarghi ad altri dossier. «Non ci sono limiti agli argomenti che potranno essere discussi», ha spiegato una fonte a conoscenza diretta delle conversazioni.
Se con Damasco si lavora nell’ombra, l’annuncio sotto i riflettori del presidente Usa Donald Trump sugli Huthi ha colto di sorpresa Gerusalemme, scrivono i media israeliani. Nessun preavviso, nessun coordinamento: Trump ha dichiarato la fine immediata dei bombardamenti americani contro le postazioni dei ribelli yemeniti. «Hanno detto che non vogliono combattere, e noi ci fidiamo», ha affermato il presidente Usa. Dichiarazioni accolte con freddezza a Gerusalemme. Fonti della sicurezza, riporta il quotidiano Israel Hayom, temono che il passo Usa venga interpretato come un segnale di debolezza. Gli Huthi, armati da Teheran, mantengono intatta la loro capacità offensiva e promettono di colpire ancora lo stato ebraico.
A preoccupare Israele, rileva il sito ynet, è però il quadro più ampio. La politica estera americana, scrive l’analista Itamar Eichner, sembra sempre più plasmata dall’ala isolazionista dell’amministrazione incarnata da J.D. Vance, vicepresidente, e da Donald Trump Jr., entrambi sostenitori di una linea “America First” per ridurre l’impegno militare all’estero. Un approccio che ridimensiona le alleanze tradizionali e guarda con distacco alla minaccia iraniana.
L’allontanamento di figure come Mike Waltz, l’ex consigliere per la sicurezza nazionale, considerato vicino al primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu e favorevole a un’azione congiunta contro Teheran, ha rafforzato questa tendenza. Per Israele, avverte Eichner, il rischio è duplice: perdere influenza a Washington e trovarsi esposto alla minaccia dell’Iran e dei suoi alleati regionali. D’altra parte, l’asse sciita guidato da Teheran si trova oggi in difficoltà: l’economia iraniana è stremata dalle sanzioni, il malcontento interno cresce e la sua rete di alleati regionali è sotto pressione.

(Nell’immagine, il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu e il ministro della Difesa Israel Katz in visita, nel dicembre 2024, sulle alture del Golan – Foto di Koby Gideon)