OSTAGGI – Uriel Baruch e l’amore incontrato al rave

Uriel Baruch aveva 35 anni, due figli piccoli e una passione per la musica techno. Lavorava nell’edilizia, fornendo sabbia e materiali agli appaltatori, e viveva con la moglie Rachel e i bambini a Giv’on, nei pressi di Gerusalemme. Era sempre pronto a fare una battuta, a notare chi è in disparte e ad accoglierlo. «Invitava perfetti sconosciuti a unirsi al suo tavolo se li vedeva soli in un ristorante», ha raccontato il suocero Dan Anteby. «Una volta ha fatto portare una torta a una donna seduta da sola per il suo compleanno. Le ha cantato “Tanti auguri” e lei si è messa a piangere».
Era il terzo di quattro fratelli, cresciuto tra Tiberiade, Kfar Saba e Gerusalemme. Aveva conosciuto Rachel a un rave, e da quel giorno non si erano più lasciati. «In sei mesi eravamo sposati e aspettavamo un bambino», ha raccontato lei. «Siamo diversi in tutto, ma due metà della stessa cosa».
Il 7 ottobre 2023, Uriel si trovava al festival Nova di Re’im insieme all’amico Michael Yoav. Alle 6:45, Michael aveva chiamato la moglie: «Ci sono terroristi che sparano alle auto», le aveva spiegato, prima che la linea si interrompesse bruscamente. Quindici minuti dopo, la moglie di Uriel aveva provato a contattarlo. Il telefono aveva squillato, ma a rispondere era stato un terrorista, che aveva urlato «Allahu Akbar» prima di riattaccare.
Poco dopo, un video sui social aveva mostrato l’auto di Uriel con l’amico Michael senza vita all’interno. Uriel era a terra, vicino al veicolo, ma non si capiva se fosse vivo. La famiglia ha cercato in tutti gli ospedali d’Israele, sperando fosse stato ricoverato senza documenti. Solo dopo tre settimane l’esercito ha confermato: era stato preso in ostaggio e portato a Gaza.
Per la sua famiglia, quella notizia era stata un sollievo. «Eravamo contenti, quasi euforici», ha raccontato il fratello Roy al sito di notizie Kikar Shabbat. «Pensavamo fosse vivo, che lo avremmo riabbracciato. Meglio ostaggio che morto». Ma sei mesi dopo, l’annuncio più difficile: secondo l’intelligence, Uriel era stato ferito in Israele e ucciso a Gaza, probabilmente da Hamas. La sua salma è ancora nelle mani dei terroristi, assieme ad altri 58 ostaggi.
La moglie ha smesso di andare al lavoro e, ha raccontato il suocero, ormai ha consumato tutte le lacrime. Alla Knesset, Rachel ha fatto ascoltare ai parlamentari una registrazione inviatale dal figlio piccolo: «Grazie a Dio non sono stato rapito, sono rimasto con te. Se succede qualcosa, chiamami. Verrò ad aiutarti. Anche io a volte piango, ma ti aiuterò». Rivolgendosi ai presenti, la donna ha aggiunto: «Mi fa male sentire queste parole. Ha solo cinque anni e mezzo e già parli così. Mio marito non c’è più, e lui cerca di sostituirlo. Vorrei tornasse ad essere solo un bambino».

d.r.