STORIA – Roberto Jona: il Giubileo e l’equità sociale

In questi giorni si sente parlare del Giubileo proclamato da Papa Francesco: l’istituzione dello yovel è antica e ha preceduto l’Era Volgare. Per comprenderne il significato occorre andare alle origini: l’insediamento degli Ebrei nella Terra di Israele. Arrivati nella Terra Promessa, dopo la schiavitù in Egitto, il popolo ebraico si divise la terra a seconda della consistenza numerica delle tribù e le famiglie. Il sistema era “liberale”, il commercio cioè era libero e le compravendite permesse, anche quelle dei terreni. È ovvio che dopo mezzo secolo le proprietà terriere si “spostino”. Bisogna sottolineare che il possesso della terra aveva un valore divers  e maggiore, di quello odierno.
Nel mondo di oggi la sussistenza è data dal lavoro. Che sia dipendente o autonomo non importa, ma il lavoro non concerne necessariamente la lavorazione della terra. Tutti, anche oggi, dipendiamo dalle produzioni della terra, cioè dall’agricoltura, ma molti possono accedere ai prodotti dell’agricoltura per sostentarsi senza però lavorare la terra: rendono con il loro lavoro un servizio a qualcuno che lavora la terra, ne trae i frutti e cede i frutti della terra in cambio del servizio ricevuto. Nell’antichità, ma anche pochi decenni fa, il contatto individuo-produzione della terra era molto più diretto.
Oggi un bambino non si rende conto che la frutta non la “fa” il fruttivendolo, la farina con cui si “fa” il pane non l’ha “creata” il fornaio e così via. Con l’estensione della vita in città, la natura tende a sparire dalla vista e soprattutto dal sentimento dei consumatori.
Ma il commercio, cioè la compravendita, dei terreni poteva avere ed aveva un effetto gravemente negativo: qualcuno più abile o fortunato poteva accumulare la proprietà di molti terreni, a scapito di altri. E, come è stato appena detto, la proprietà del terreno significava la sussistenza, cioè la vita, la sopravvivenza.
Un istituto strano, direi sorprendente e senz’altro originale, stabilito nella Torah, invece, evitava grossi squilibri di ricchezze e benessere tra le varie persone. Ogni 50 anni la proprietà dei terreni ritornava (gratuitamente) al proprietario originale. Era il giubileo, lo jovel. Questo evitava grandi accumuli di beni ed evitava grandi squilibri di ricchezza. È chiaro che se il terreno veniva venduto l’anno successivo allo jovel aveva un valore piuttosto elevato perché c’era una prospettiva di possesso per 49 anni, ma se si vendeva l’anno precedente al giubileo il valore scendeva perché l’acquirente avrebbe potuto godere dei frutti di quella terra solo per un anno: l’anno successivo, con l’arrivo dello jovel, avrebbe dovuto restituire gratuitamente il terreno al proprietario originario.
Lo jovel era quindi uno strumento di equità sociale grazie al livellamento delle ricchezze e sorprende che non sia mai stato preso in considerazione dai vari movimenti politici socialisti che concentravano l’azione politica sull’eguaglianza delle ricchezze nella popolazione.
Un altro aspetto, che oggi non è più attuale, ma che in passato aveva un peso rilevante era l’affrancamento degli schiavi. Certe persone, in conseguenza di vicende varie, divenivano schiave ed erano tenute a lavorare (senza compenso) per un “padrone”. Oggi è una situazione addirittura impensabile, ma nei secoli del passato la schiavitù era una colonna portante della società.
E nel mondo questa situazione era vita, senza dimenticare che nelle campagne degli Stati Uniti l’istituto della schiavitù si è protratto fino al XIX° secolo. Lo yovel però prevedeva prevedeva che una volta ogni mezzo secolo gli schiavi divenissero persone libere: un concetto rivoluzionario! Un concetto che nemmeno i più famosi teorici del socialismo (Karl Marx, Friedrich Engels ecc.) hanno saputo immaginare.
In conclusione, il Giubileo, di cui oggi si sente parlare, ha assunto un significato molto diverso da quello che era in origine, ed è stato un importante strumento di equità sociale.

Roberto Jona