OSTAGGI – L’85enne Amiram Cooper, fra i fondatori di Nir Oz

Amiram Cooper era un poeta, un compositore, un economista. Ma prima di tutto era un membro di Nir Oz, il kibbutz che aveva contribuito a fondare nel 1957 e che per oltre sessant’anni ha chiamato casa. Aveva 85 anni, una vita attraversata dalla cultura agricola, dalla poesia e dalla dedizione alla comunità. Scriveva versi fin da giovane: tre raccolte poetiche e un libro per bambini sono il segno lasciato “da una voce che amava parlare dell’amore, della terra, della pace”, ricorda il suo kibbutz. Le sue canzoni, composte spesso fischiettando le melodie, erano interpretate dai cori locali. Il suo brano più noto, Shibulei Paz, scritto per una celebrazione del kibbutz, è diventato un simbolo della festività di Shavuot in Israele.
Amiram era anche un economista di lungo corso: aveva diretto la fabbrica Nirlat, specializzata in vernici e rivestimenti per l’edilizia, ed era stato per 24 anni il responsabile finanziario del consorzio agricolo Hebel Ma’on. Nel kibbutz era apprezzato per il suo carattere mite e riflessivo, lo sguardo aperto e curioso, e la capacità di coniugare la concretezza a una visione umanistica della vita.
Il 7 ottobre 2023, Amiram e sua moglie Nurit, 79 anni, sono stati rapiti da Hamas durante l’attacco a Nir Oz. Mentre Nurit è stata liberata dopo 17 giorni, Amiram è rimasto prigioniero nei tunnel di Gaza. In un video diffuso successivamente, appariva fragile, affaticato. Soffriva di ipertensione e problemi gastrici. La figlia Ravit ha raccontato di come la madre, al ritorno, parlasse di un buio assoluto nei sotterranei, della rottura degli occhiali, delle condizioni disumane. E di un’anima, quella del marito, che «sanguinava nel silenzio».
Per mesi la famiglia ha lottato per riportarlo a casa. Un frammento della sua voce è riemerso in una registrazione di Hamas: «Sembrava solo l’ombra di sé stesso», ha commentato il figlio Rotem. Il 3 giugno 2024, l’esercito israeliano ha annunciato che Amiram era stato ucciso in prigionia. Da 584 giorni, la sua salma è in mano ai terroristi palestinesi.
Nonostante il dolore, la famiglia ha deciso di non lasciarne spegnere la voce. I suoi archivi, salvati dalla devastazione del kibbutz, sono stati affidati al Ganzim Institute, centro documentale dell’Associazione degli Scrittori Israeliani che conserva il patrimonio letterario degli autori del Paese. Letture pubbliche delle sue poesie si sono tenute a Tel Aviv con la partecipazione di artisti come Ehud Banai e Micha Shitrit.
In una delle ultime poesie ritrovate, Cooper scriveva: «Piccoli movimenti nel buio / e nessuna luce alla fine del tunnel… / tutto ciò che desideravo / era solo un piccolo appezzamento, una vite, un fico».
Nei giorni in cui la famiglia ancora sperava di poterlo riabbracciare vivo, la figlia Ravit aveva inviato al padre una commossa lettera aperta:
«Torna, calmami e dimmi che ce la faremo. Analizza questa frattura, scrivine, componi un canto funebre su queste atrocità e fischietta, come sai fare tu. E che il grano torni a crescere a Nir Oz».
La piccola comunità sta cercando da mesi di rialzarsi, orfana di molti membri come Amiram. «Mio padre era Nir Oz», ha commentato il figlio Rotem. Anche nel suo nome, ha promesso, il kibbutz verrà ricostruito.
d.r.