ISRAELE – Chiesta a Cpi cancellazione dei mandati di arresto, ombre sul procuratore Khan

Israele ha chiesto nuovamente alla Corte Penale Internazionale di cancellare i mandati d’arresto contro il primo ministro Benjamin Netanyahu e l’ex ministro della Difesa Yoav Gallant. I due sono accusati di crimini di guerra e contro l’umanità per le operazioni condotte nella Striscia di Gaza tra l’8 ottobre 2023 e il 20 maggio 2024. La Corte ha finora respinto i ricorsi israeliani e confermato i mandati.
Il governo israeliano ha reagito all’iniziativa del procuratore capo Karim Khan, definendo i mandati un atto di antisemitismo e paragonando il procedimento a una «moderna versione dell’affare Dreyfus». Netanyahu ha accusato la Corte e Khan di ignorare il diritto di Israele alla difesa e di criminalizzare la lotta contro il terrorismo.
Nel frattempo, crescono i dubbi sulla neutralità del procedimento. Una fonte diplomatica occidentale coinvolta nel caso ha dichiarato al Jerusalem Post che la decisione di Khan di procedere contro i leader israeliani sarebbe stata dettata da motivazioni politiche. Secondo il racconto di questa fonte, il procuratore gli avrebbe confidato in privato: «Aspetta e vedrai. Se richiedo i mandati contro Netanyahu, Paesi come Germania e Canada avranno finalmente una scusa per voltare le spalle al governo israeliano». La stessa fonte ha aggiunto: «Ricordo di aver pensato: quanto può essere ingenuo. Ma poi ho capito che non è questo il suo compito. Il procuratore dovrebbe essere guidato dalla legge, non dalla speranza di condizionare governi occidentali».
Anche la cronologia mette in dubbio l’imparzialità dell’operato di Khan, sottolinea il Jerusalem Post. A marzo 2024 il procuratore avrebbe informato funzionari statunitensi della sua intenzione di richiedere i mandati, mentre contestualmente e in pubblico definiva le indagini «ancora in corso». A maggio 2024 ha annullato una visita in Israele e a Gaza, che lui stesso aveva definito «fondamentale» per trarre conclusioni per poi annunciare a stretto giro la richiesta dei mandati di arresto.
Sulla carta, i 124 paesi che aderiscono alla Cpi sono obbligati ad arrestare Netanyahu in caso si trovi sul loro territorio. Molti paesi firmatari – tra cui Germania, Italia, Francia, Austria e Polonia – hanno chiarito che non daranno seguito ai mandati. Lo scorso aprile l’Ungheria ha ospitato Netanyahu in visita di stato e annunciato il ritiro dalla Cpi.
A rendere il quadro della vicenda ancora più delicato sono le accuse personali mosse contro il procuratore Khan. Secondo il Wall Street Journal, una sua collaboratrice lo ha denunciato per averla aggredita sessualmente in più occasioni tra New York, Parigi e altre sedi internazionali. Khan ha respinto le accuse, definendole «parte di un tentativo di sabotare la Corte». Secondo fonti citate dal Jerusalem Post, la decisione di colpire i vertici israeliani con mandati d’arresto potrebbe aver avuto anche l’effetto – voluto o meno – di consolidare la posizione del procuratore all’interno della CPI proprio nel momento in cui si trovava sotto pressione per le accuse a suo carico.