WJC – Lauder riconfermato alla presidenza, Noemi Di Segni nell’Executive Committee

Ronald Lauder è stato riconfermato alla guida del World Jewish Congress, riunitosi in plenaria a Gerusalemme, e ha lanciato un appello al mondo ebraico: impegnarsi per una nuova strategia educativa per contrastare l’antisemitismo, a partire dalle scuole.
«Dobbiamo formare milioni di giovani, ebrei e non ebrei, scuola per scuola», ha sottolineato Lauder, aprendo i lavori dell’assemblea, che ha riunito oltre 350 delegati da 72 Paesi. Nel suo intervento, il presidente – alla guida del Congresso dal 2007 – ha indicato nell’istruzione il terreno cruciale su cui si gioca la risposta alle nuove forme di odio antiebraico, riaffiorate con forza dopo il 7 ottobre.
Tra i partecipanti anche Noemi Di Segni, presidente dell’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane, eletta nel comitato esecutivo del World Jewish Congress. «La plenaria ha offerto due giorni di confronto serrato sull’identità ebraica contemporanea, le sfide della comunicazione, i rapporti tra Israele e diaspora, e il ruolo delle comunità nel rispondere a un clima globale in crescente tensione», ha ricordato Di Segni. «È stato importante poter portare la voce e la presenza dell’ebraismo italiano ed europeo nel contesto internazionale, offrendo un contributo concreto alle sfide che – oggi più che mai – richiedono un forte raccordo tra le comunità. Dobbiamo lavorare insieme per sostenere il futuro, l’educazione, il rafforzamento dell’identità ebraica, così come il legame tra Israele e la diaspora, fondato su un reciproco sostegno».
Chella Safra è stato eletto presidente dell’Executive Board del WJC, Aaron Frankel è stato nominato tesoriere e David Koshitzky, presidente del WJC North America, è stato scelto per guidare il WJC Policy Council.
Durante i lavori non sono mancati i riferimenti alla politica americana. Lauder ha elogiato l’ex presidente USA Donald Trump per aver sospeso fondi federali ad alcune università statunitensi, accusate di non tutelare gli studenti ebrei. Una posizione accolta con favore da parte del pubblico, ma non priva di critiche da altre organizzazioni ebraiche, preoccupate per le possibili ricadute sul sistema accademico.
All’apertura della plenaria ha partecipato anche l’ambasciatore degli Stati Uniti in Israele, Mike Huckabee, che ha voluto raffreddare le voci di un allontanamento tra Washington e Gerusalemme.
«Non ci sarà alcun divorzio tra noi, perché nessuno dei due può permettersi gli alimenti», ha scherzato il diplomatico, strappando sorrisi in sala. Poi ha aggiunto: «Israele è il nostro unico vero partner stabile in una regione piena di instabilità. Se smettiamo di sostenerci a vicenda, perdiamo entrambi». Huckabee ha anche ricordato il ruolo dell’Iran come minaccia comune. «Non si tratta di tagliare i rami dell’albero del terrore, ma di andare dritti al tronco».
La serata inaugurale si è chiusa con il conferimento del Resilience Award alla famiglia Shoham, sopravvissuta alla prigionia di Hamas. Tal Shoham, liberato dopo oltre 500 giorni a Gaza, ha chiesto ai leader presenti di mantenere alta l’attenzione sugli ostaggi ancora trattenuti.«Il mio cuore è ancora lì. La mia famiglia è stata salvata non solo con la speranza, ma con l’azione».
Nel corso dell’assemblea, il presidente israeliano Isaac Herzog ha conferito a Lauder la medaglia d’Onore presidenziale, riconoscendone l’impegno pluridecennale al servizio di Israele e dell’ebraismo mondiale. Nel panel dedicato alla costruzione dei rapporti tra lo stato ebraico e la diaspora è intervenuto il ministro dell’Aliyah e dell’Integrazione, Ofir Sofer (il terzo da sinistra sul palco).