A TAVOLA – Da Israele ma senza spezie: la cucina di Ohad conquista Parigi

La vite (in ebraico גפן – Ghefen) è una delle sette specie per cui è rinomata la terra di Israele, si legge nel Deuteronomio. È un simbolo di prosperità e chiamare un ristorante Guefen, come ha fatto a Parigi lo chef Ohad Amzallag, è di buon auspicio. Anche se per i suoi piatti l’israeliano Amzallag non ha immaginato nulla di biblico. Fino al 7 ottobre 2023 la sua cucina, aperta da qualche mese nel quartiere alla moda e dall’antico retaggio ebraico Le Marais, non era casher. «Non mi definisco una persona osservante o religiosa e nella mia carriera ho sempre sperimentato senza pensare ai vincoli dei precetti religiosi», spiega a Pagine Ebraiche lo chef. Ex soldato della brigata di fanteria Golani, ferito nel 1995 durante una missione nel Libano meridionale in cui alcuni suoi amici persero la vita, ha raccontato come la cucina non sia stata per lui solo una carriera, ma anche un aiuto per affrontare i disturbi post traumatici. Le stragi del 7 ottobre hanno risvegliato alcune ferite. «Come tutti ero sotto shock, non sapevo cosa pensare e come confrontarmi con le notizie che continuavano ad arrivare da Israele».
La svolta casher dopo il 7 ottobre
Dopo qualche settimana, una sera, mentre guardava la televisione nella cucina di Guefen, ha visto un servizio che riportava un’ondata di antisemitismo in Francia, con atti vandalici contro case e istituzioni legate al mondo ebraico. «Pensate che la Stella di Davide con cui avete segnato le case degli ebrei a Parigi sia qualcosa di cui vergognarsi? E allora io la mostrerò con orgoglio nel mio Guefen», ha scritto di getto Amzallag sui suoi social il 9 novembre 2023. Quel giorno ha deciso di trasformare il suo ristorante, molto apprezzato dalla critica locale, in casher. «Non avevo pensato subito alle conseguenze. A cosa volesse dire modificare il menu e la cucina per rispettare le regole ebraiche». E così si è messo al lavoro per offrire al suo pubblico una nuova esperienza. «A volte è difficile, mi mancano alcuni ingredienti. Essere chef è come essere un pittore, e per me il cambiamento è stato come non poter usare determinati colori. Ho dovuto reinventare il mio modo di cucinare, trovare soluzioni creative, ma mi ha reso un cuoco migliore. Non mi pento assolutamente della mia decisione. È stata istintiva, ma giusta». Il ristorante, 26 coperti, non ha la Teudà, il certificato di casherut rilasciato da un’autorità rabbinica, ma è comunque un punto di riferimento per l’ebraismo locale. «Ho ottimi rapporti con la Comunità ebraica di Parigi e dopo la mia decisione di trasformare il menù in casher ho ricevuto un abbraccio collettivo». L’essere israeliano e il voler cucinare casher non hanno provocato i plausibili attacchi antisemiti, visto il clima in Francia. «Nulla. Anche se fosse continuerei per la mia strada».
Quella chiamata dalla Francia
In Israele Amzallag si è fatto un nome velocemente, cominciando a gestire ristoranti in diverse zone del paese. Poi tre anni fa è arrivata la chiamata inaspettata da Parigi. «Avevo già un accordo per un ristorante a Tel Aviv, ma quando ho ricevuto l’offerta dalla Francia ho deciso di provarci. I miei figli erano già cresciuti e mi è sembrata l’occasione giusta. Ho sempre voluto cucinare fuori da Israele». Di origine marocchina, è molto legato ai sapori della sua infanzia, anche se non è intenzionato a riproporli ai suoi clienti. «Faccio piatti diversi, sperimento. Ma sono legato alle tradizioni della mia famiglia: il couscous, il tajine di agnello per le festività e il pesce marocchino del venerdì sera. Sono sapori che restano con me».
Sul lavoro Amzallag guarda oltre la tradizione. Nei suoi piatti non ci sono le spezie. L’unica ammessa è il sale. Lo chef israeliano crea usando processi di fermentazione, essiccazione e fusione degli alimenti, alcuni dei quali durano mesi. Un esempio è il garum di sardine: una salsa che il team di Guefen ha fatto fermentare per sei mesi in vasi di terracotta. «Il lungo processo di fermentazione gli conferisce un sapore umami intenso e ricco che aggiunge molto a qualsiasi piatto», spiega Amzallag. Tra le creazioni dello chef c’è anche l’aceto all’aglio nero e ai fichi.
In uscita un libro di ricette e storie
«Non cucino alla francese, ma qui ho appreso nuove tecniche. Sono in una delle capitali culinarie del mondo e la città mi ha dato nuove idee. Adesso, quando creo un piatto, faccio molte più ricerche di prima ». Secondo alcuni quotidiani israeliani Amzallag potrebbe essere il primo in Francia a ricevere una stella Michelin cucinando casher. Lui non commenta e non parla di futuro. «Non so dove sarò nei prossimi anni. Certo non ho lasciato Israele, anche se vivo qui. Lì c’è la mia famiglia». Ci sono i suoi due figli, soldati nei Golani come lui. A loro, ribadisce, pensa continuamente. Nel frattempo cura il suo Guefen e prepara «un libro con una settantina di ricette. Uscirà nei prossimi mesi in Francia e include i piatti con cui sono cresciuto e le storie che li accompagnano».
Daniel Reichel