ANTISEMITISMO – Gadi Luzzatto Voghera: Informazione, cattivi maestri e terrore

Quel che si temeva è accaduto, infine. L’equivoco, neppure tanto sottile, tra propaganda e informazione, ha iniziato a produrre i suoi frutti marci e malati. Dopo 18 mesi in cui un martellante profluvio di notizie pilotate e uniformate ha dominato i media e il mondo dei social, favorendo una narrazione distorta e parziale del conflitto in Medioriente, un ragazzo infervorato e indottrinato ha deciso di impugnare un’arma (negli USA è decisamente facile procurarsene una) e ha ucciso. Dove? Di fronte a un museo ebraico, cioè un luogo presidio di cultura, un centro in cui le iniziative sono improntate all’apertura, al dialogo, alla conoscenza e all’inclusione (la prossima esibizione al Museo ebraico di Washington, per dire, è incentrata sulla comunità LGBT nell’ebraismo, un tema forte che riguarda le democrazie e le religioni). Colpire un museo ebraico non è una novità per il terrorismo antisemita. È accaduto di recente in Francia e in Belgio. E il grido “Free Palestine” con cui il giovane attentatore ha urlato la ragione politica del suo gesto non può nulla di fronte alla brutale evidenza della sua azione. Si tratta a tutti gli effetti di brutale antisemitismo. Contro chi? Le vittime sono state due giovani ebrei, civili, che partecipavano a un evento pubblico. Il fatto che fossero funzionari dell’ambasciata israeliana non può avere alcuna relazione con la valutazione dell’evento. O almeno non dovrebbe. Purtroppo, però, viviamo in un mondo di bolle informative, quelle che in linguaggio tecnico chiamiamo “eco chamber”, un fenomeno che il dizionario Treccani definisce come “situazione in cui informazioni, idee o credenze più o meno veritiere vengono amplificate da una ripetitiva trasmissione e ritrasmissione all’interno di un àmbito omogeneo e chiuso, in cui visioni e interpretazioni divergenti finiscono per non trovare più considerazione”. E così oggi ebreo, israeliano, sionista in certi ambienti è sinonimo di nemico da colpire. Chi sono i responsabili? Chi ha armato la mano dell’attentatore? Sul piano giudiziario si vedrà, ma di certo esiste un piano ideologico che va considerato. Negli anni del terrorismo in Italia si parlava (a ragione) di “cattivi maestri”, pensatori che elaboravano teorie violente di rivolta che erano di ispirazione a giovani reclute esaltate. Oggi abbiamo un mondo dell’informazione che troppo spesso ha rinunciato all’inchiesta indipendente, all’indagine imparziale non influenzata dalle veline che quotidianamente vengono trasmesse dall’efficientissimo ufficio di propaganda di Hamas o da Al Jazeera, entrambe finanziate dal denaro del Qatar. E abbiamo, va detto, una totale abdicazione da parte del mondo dell’informazione israeliano, che non è stato in grado di produrre narrazioni fondate su fatti ed evidenze capaci di sfondare il muro del pregiudizio. Il passaggio dal discorso d’odio all’azione d’odio è tanto semplice quanto prevedibile, quando le nostre democrazie non sono in grado (o non vogliono) distinguere tra propaganda e buona informazione. Noi, che ci occupiamo da decenni di antisemitismo, lo scriviamo e lo diciamo da tempo, perché si tratta di un fenomeno che affonda le sue radici ben prima del 7 ottobre. Oggi siamo chiamati a compiere scelte di responsabilità, che coinvolgono innanzitutto la dimensione etica del mondo della comunicazione. Se non si farà alcuno sforzo in questa direzione, l’informazione si trasformerà definitivamente nell’arma potente (forse la più potente) impiegata nei troppi conflitti in corso.
Gadi Luzzatto Voghera, Direttore Fondazione CDEC
(Foto Sdkb)