OSTAGGI – Inbar Haiman, la “Pink Question”

Inbar Haiman aveva 27 anni, viveva a Haifa e studiava comunicazione visiva alla Wizo Academy of Design and Education. Aveva una passione: l’arte. Per lei non era solo espressione personale, ma, raccontano i suoi cari, uno strumento per includere, per tendere la mano, per rendere la bellezza accessibile anche fuori dai musei. Il suo mezzo preferito erano le bombolette spray: con quelle creava graffiti, decorava oggetti abbandonati. Ma le piaceva anche realizzare orecchini, portachiavi, cornici, riciclando ogni cosa le capitasse a tiro, ricorda l’amica e coinquilina Naomi Goldstein.
A 15 anni aveva dipinto, per la prima volta, un punto interrogativo rosa su un muro vicino a casa. Quel simbolo, unito al suo colore preferito, divenne la sua firma: “Pink Question”, abbreviato in “Pink”. «Le piaceva che con i graffiti si potesse essere apprezzati e anonimi allo stesso tempo», ha spiegato Naomi al sito The Librarian. «Amava anche il rischio», ha aggiunto, riferendosi ai graffiti disegnati di notte sui muri della città.
Inbar viveva l’arte ogni giorno. Durante il servizio militare organizzava serate di poesia a Gerusalemme. Alla Wizo insegnava graffiti e scrittura creativa agli studenti delle superiori di Haifa. Aveva un progetto per il futuro: aprire uno studio d’arte insieme al suo fidanzato e compagno di classe, Noam Alon, con cui parlavano di matrimonio.
Il 7 ottobre 2023 era andata a fare la volontaria al festival musicale Supernova di Re’im. Aveva portato con sé alcune opere da vendere. Quando alle prime luci del mattino è iniziato l’attacco di Hamas, Inbar si è rifugiata sotto un palco, poi in un cespuglio. È stata trovata da due terroristi di Hamas armati di coltelli, che l’hanno trascinata via e caricata su una moto. Poco dopo, il suo fidanzato e la sua famiglia hanno ricevuto un video: Inbar era viva, ma ferita, insanguinata, circondata da uomini armati.
È rimasta nelle mani di Hamas per oltre due mesi senza che la famiglia avesse notizie. Il 16 dicembre 2023, le autorità hanno informato gli Haiman che Inbar era stata uccisa mentre era prigioniera a Gaza. Il suo corpo non è ancora stato restituito.
«Inbar era una persona di saldi principi, con opinioni ben definite e profondamente compassionevole», ha sottolineato il padre, Haim Haiman, intervistato da ynet. «Se fosse stata qui, sarebbe stata in prima linea in ogni protesta, senza riposare finché tutti gli ostaggi non fossero stati liberati».
A conclusione dell’anno accademico, i laureati della Wizo hanno creato una mostra collettiva con le proprie opere. Uno spazio è rimasto vuoto: quello di Inbar, un tributo silenzioso da parte dei compagni e docenti. In questi mesi diverse opere sono state esposte in tutto il paese, alcune sono arrivate alle Nazioni Unite.
Nel nord di Israele, sui muri delle città, lungo i binari, negli spazi che lei amava, sono apparse scritte: “Free Pink”. E ancora: “RIP Pink – Rest in Paint”.
«Amava le persone senza giudicarle. Ha toccato il cuore di tanti. Ha aiutato gli altri», ha spiegato sua madre, Ifat. «Non era solo mia figlia. Era mia amica. Mi confidava i suoi segreti. A volte anch’io le rivelavo i miei. Non era una cosa scontata. Discutevamo di tutto. Mi manca ogni giorno».

d.r.